Pubblico la mia risposta a un'interessante questione posta in un forum che spesso frequento:
Vitruvio hai sollevato una questione di difficile trattazione, forse è per questo che ha ricevuto così poche risposte e io stesso sono tutt'ora incerto di poter trattare l'argomento con la dovuta importanza. Innanzitutto, per introdurre il pensiero di Pasolini, rivelatosi profetico, faccio riferimento a una presa di posizione dello scrittore nel suo ultimo decennio di vita. Durante i moti studenteschi del 1968-69, quando gli studenti universitari manifestavano contro la polizia per le strade di Roma, appoggiati politicamente da alcune forze della sinistra, Pasolini - ancora una volta uomo controcorrente, anche rispetto al partito in cui si riconosceva - dichiarò di stare dalla parte della polizia, o meglio degli agenti, figli del proletariato mandati a combattere dei ragazzi della loro stessa età per un povero salario e per ragioni che essi stessi non avrebbe mai ben compreso. Questo perchè gli stessi studenti, che si ispirano ad una rivolta di classe di ridistribuzione economica e di potere, sono figli della borghesia che cercano di combattere. Per Pasolini la struttura sociale contemporanea ha abbandonato il binomio borghesia proletariato, poiché ad esso si è sostituita la civiltà del consumo. Questa tende ad omologare le classi, portando il ceto proletario a volere assomigliare ai borghesi, abbandonando il desiderio di cambiamento sociale ed economico che il comunismo, nella teoria marxista, dovrebbe portare a una ridistribuzione del capitale. L'unico vero proletariato, per Pasolini, è il sottoproletariato, incarnato dalla classe contadina; con la nascità dell'industrializzazione cittadina si è assistito però a un suo progressivo depauperamento, con la migrazione verso i grandi centri.Basta ai giovani contestatori staccarsi dalla cultura, ed eccoli optare per l’azione e l’utilitarismo, rassegnarsi alla situazione in cui il sistema si ingegna ad integrarli.
Questa è la radice del problema: usano contro il neocapitalismo armi che in realtà portano il suo marchio di fabbrica, e sono quindi destinate soltanto a rafforzare il suo dominio. Essi credono di spezzare il cerchio, e invece non fanno altro che rinsaldarlo. (da Saggi sulla politica e sulla società)
La genia politica e buona parte dei "chierici" dell'epoca lo fecero a pezzi: decadente, nostalgico, "esteta", apocalittico e via andare. Prima di archiviare con la sua morte anche il senso di quegli interventi. Era normale che la classe dirigente dell'ex-Belpaese reagisse così, tanti anni prima dei processi a Craxi, Andreotti e Berlusconi: che fosse cattiva fede e "legittima immorale difesa" del proprio interesse, oppure semplicemente non capisse, per loro, per i responsabili di quell'Italia del boom economico prima e delle stragi poi (cfr. sempre Pasolini), non versava in quello stato il paese descritto dal poeta. Per forza, il poeta non descriveva soltanto. Da quei segni, da quegli indizi di "mutazione antropologica" immaginava l'Italia del futuro, quella che abbiamo ora sotto gli occhi, quella che quotidianamente ci dà non più indizi ma prove del suo sfacelo morale. Oggi uno come Pasolini difficilmente siederebbe nell'assurdo salotto di Vespa o scriverebbe, come faceva allora, sulla prima pagina del "Corriere". Oggi l'Italia è diventata più perbenista, più superficiale, più omologata, più ossequiosa nei confronti del potere. Proprio come Pasolini temeva e denunciava, profeta allora spesso deriso.
Non vi è dubbio che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte su cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l'anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e d'informazione, non solo l'ha scalfita, ma l'ha lacerata, violata, bruttata per sempre.
La compromissione con la politica e il potere della politica è totale per l'"intellighenzia", per i detentori di quel potere senza potere, da giullari del sovrano, da sempre demandato alla classe intellettuale. Mi riferisco al fatto che non c'è più distinzione tra due classi, quella dirigente e quella intellettuale: la seconda serve la prima, si tratti dei poteri forti economici, dei grandi industriali e finanzieri, o del potere politico. Nel caso di S.B. i due poteri coincidono. All'epoca, Pasolini era già una voce nel deserto. Oggi quello che lui "orrendamente" paventava si è perfettamente realizzato, e con questa trasformazione italiana a base di sviluppo senza progresso è stata resa impensabile anche l'ipotesi di un Pasolini contemporaneo.
Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia. (da "Cos'è questo golpe? Io so" sul Corriere della Sera, 14 novembre 1974).
Dopo aver elencato queste premesse, a mio parere indispensabili per analizzare quello che è lo stato della sinistra odierna, concludo con la mia opinione. Oggi la sinistra politica è diventata si lo schieramento dei "ceti medi dai valori individualistico-libertari" ma perchè il consumismo in Italia ha omologato le classi. E non è nell'interesse del politico che il progresso sociale, umano e culturale vada di pari passo con lo sviluppo economico. Frenomeno che non è denunciato da nessun intellettuale post-pasoliniano, per i motivi sopracitati. In sostanza l'italiano ormai si accontenta di un teatrino tra una pseudo-sinistra e una coalizione d'ispirazione mafiosa, che non sono altro che due ingranaggi di un sistema che si è innescato da diverse decine d'anni. Come in un orologio, la sopravvivenza dello stesso è vincolata dal buon funzionamento delle sue componenti. La rottura di uno comporterebbe una reazione a catena nell'intero meccanismo, con la conseguente inutilità delle sue parti. Preciso che quest'orologio scandisce gli anni... i mesi... i giorni... che mancano alla fine dell'equilibrio politico, sociale e economico del Paese. La sinistra odierna si è adattata benissimo alla modernità, sgretolando però quelle che sono le sue radici. Sia chiaro che la mia non è una ”serena disperazione” alla Umberto Saba, bensì la mia posizione è vicina a quella dell'articolo da te proposto: si tratta solo del disperato tentativo, mi pare, di limitare il dilagare distruttivo dei tempi.
Chiudo con l'ultimo poemetto de Le ceneri di Gramsci dal titolo La Terra di Lavoro in cui Pasolini descrive un treno affollato di pendolari, soli, che hanno per nemici "il padrone", ma anche "il compagno che pretende / che lottino in una fede che ormai è negazione / della fede".
1 commenti:
Confesso che è un bel mattone di post.. da leggere, rileggere con calma...
Hai aperto una buona riflessione, ma non ho la forza per rispondere.. :(
Dovrei dedicarci qualche miliardo di neuroni che sono impegnati altrove...
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