(fonte: peacereporter.net - 02.08.2006)
Pochi proiettili, sparati ieri al confine fra le due Coree, dimostrano che fra i due Paesi sono tornate le tensioni. E’ stato uno scambio a fuoco simbolico, due colpi sparati dai soldati nordcoreani e sei risposti da quelli del sud senza provocare feriti, ma segno di quanto sia profonda la crisi nell’area. Con un'aggravante: le inondazioni che dal 10 luglio scorso hanno provocato qualche centinaia di morti e, secondo un'ong sudcoreana, addirittura 10mila vittime.
Alleanze compromesse. Dopo un periodo di distensione, le relazioni tra Seul e Pyongyang sono peggiorate in seguito ai test missilistici che la Corea del Nord ha effettuato il 5 luglio scorso. “Il Paese di Kim Jong-il ha sbagliato i suoi calcoli politici, senza riuscire a riportare l’attenzione sulla crisi dimenticata del nucleare”, ci spiega Rosella Idéo, docente di storia politica e diplomatica dell’Asia Orientale. Anche durante il summit dell’Asean in Malesia la questione è passata in secondo piano rispetto ad altre priorità, come la guerra fra Libano e Israele. “Per la Corea del Nord è stato un luglio drammatico”, continua Idéo. “Si è alienata i rapporti con Corea del Sud e Cina, le uniche che negli ultimi dieci anni avevano fatto da spalla diplomatica, economica e politica al suo regime”.
Un’ondata di sanzioni ed emergenza umanitaria. Le conseguenze di ciò sono drammatiche. Seul ha sospeso gli aiuti economici, tra cui l’invio di tonnellate di cibo, proprio durante le inondazioni che dal 10 luglio scorso in Corea del Nord hanno causato qualche centinaio di morti, 60mila sfollati, distruzioni di case, coltivazioni, ponti e strade. Oggi, tuttavia, l'autorevole organizzazione umanitaria sudcoreana "Buoni Amici" ha detto che i morti potrebbero arrivare fino a 10mila. "«Circa 4.000 sono dati per dispersi e ci aspettiamo che alla fine si arrivi alla cifra di 10.000», afferma l'organizzazione non governativa che contattata da PeaceReporter non ha potuto però rilasciare ulteriori informazioni su come ha reperito questo dato.
Secondo il Programma alimentare mondiale sono andate perse 100mila tonnellate di alimenti. Al Paese, colpito da frequenti carestie, ora restano solo gli aiuti delle Nazioni Unite e della Cina, che però ha imposto un altro tipo di sanzioni. “Pechino – insiste Idéo – ha stretto i freni, perché quando aveva chiesto alla Corea del Nord di non accrescere la tensione e quindi di non effettuare i test non è stata ascoltata. Così ha congelato i conti nordcoreani nella sua banca di Macao, imponendo lo stesso tipo di sanzioni finanziarie adottate nel 2005 dagli Stati Uniti”. L’unica cosa che continua a dimostrare il sostegno cinese alla dittatura di Kim Jong-il è stato l’impegno di Pechino affinché il Consiglio di Sicurezza Onu adottasse sanzioni più morbide di quelle proposte da Usa e Giappone, dopo il lancio dei missili nordcoreani. Nella Risoluzione del 15 luglio scorso non è stato tenuto in conto, infatti, il capitolo sette della Carta delle Nazioni Unite che consente l’uso della forza, ma si è impedito solo l’import ed export fra i Paesi membri e la Corea del Nord di componenti per la creazione di armi di distruzione di massa. Sia l’Onu sia l’Asean, inoltre, hanno chiesto a Pyongyang di tornate ai colloqui a sei sul nucleare con Stati Uniti, Cina, Russia, Giappone e Corea del Sud, incassando un fermo rifiuto.
Equlibrismi. Secondo la docente di geopolitica, tutta questa situazione dimostra il fallimento dell’amministrazione Usa e della mediazione cinese nella questione nucleare. Anche se i due Paesi agiscono per interessi opposti - Washington vuole far cadere il regime nordcoreano, mentre Pechino desidera il mantenimento dello status quo per impedire che una massa di profughi arrivi nel suo territorio – devono mantenere un gioco di equilibri. Se la Cina modera la Corea del Nord, impedisce la corsa agli armamenti nell’area e fa sì che gli Stati Uniti contengano le velleità indipendentiste di Taiwan.
"Riponi la tua fiducia in Dio, e tieni asciutta la polvere da sparo", Oliver Cromwell
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