21 marzo 2007

Pizzi e pizzetti

(fonte: l'Unità - Marco Travaglio)

A quattro giorni dall’arresto di Fabrizio Corona & C. per orribili storie di estorsione e prostituzione, già non si capisce più di che stiamo parlando. L’industria del diversivo s’è messa in moto con la sua geometrica potenza per distrarre l’attenzione generale e, tanto per cambiare, ha raggiunto il suo scopo. Come nel copione già scritto di un film già visto mille volte, i giudici diventano colpevoli, le vittime diventano colpevoli e i colpevoli diventano vittime e giudici.

C’è per esempio un presidente del Consiglio che pubblica, tramite i suoi giornali, tutto il gossip e tutti i verbali possibili facendo soldi a palate, poi va in tv a denunciare l’ “imbarbarimento” del gossip e dei verbali. Le sue tv, che campano di gossip, che affidano a Lele Mora e Fabrizio Corona il casting dei loro programmi, rilanciano l’indignazione del padrone, che fra l’altro si era dimenticato di proibire alle sue tv di fare lavorare o di invitare al Costanzo Show quel Corona che l’aveva ricattato per certe foto di sua figlia spillandogli 20 mila euro. [...]

Anche il fatto che un capo del governo ceda al ricatto di un paparazzo di 32 anni invece di andare dai carabinieri, mentre poi dovrebbe – in teoria – convincere i negozianti siciliani a non pagare il pizzo alla mafia, diventa dettaglio trascurabile. Del resto se le foto erano solo un po’ sfuocate e la piccina era solo un po’ spettinata, sparisce anche il ricatto. Dunque, di che stiamo parlando? Se non si capisce più bene come la storia sia iniziata, si comprende fin troppo bene come andrà a finire. Gli ispettori di Mastella sono partiti per l’ottantesima volta con destinazione Potenza, alla ricerca di non si sa bene cosa, ma un po’ di moto, si sa, fa bene alla salute. E così si spera di spaventare i giudici.A intimidire i giornalisti provvede il Garante della Privacy, professor Franco Pizzetti, che improvvisandosi legislatore e magistrato insieme non fa quel che potrebbe/dovrebbe fare (aprire un procedimento specifico su un singolo giornalista per un singolo articolo, consentirgli di difendersi, imporgli un’eventuale prescrizione e, se questa viene disattesa, denunciarlo alla magistratura): emana una grida manzoniana generale e astratta (oltrechè di dubbia legittimità), ma mirata sul caso Vallettopoli, stabilendo che chi pubblica quel che non piace a lui finisce dritto e filato in Procura, con la pena dell’arresto. La distinzione tra le notizie di “interesse pubblico” e di “interesse privato” la stabilisce lui. Insomma, come in ogni guerra preventiva che si rispetti, avverte i giornalisti di stare accorti: se non vogliono rischiare, le notizie è meglio che se le tengano nella penna. Sarebbe bello poter pensare che il fulmineo intervento del Garante sarebbe avvenuto anche se non ci fosse andato di mezzo il portavoce di Prodi. Ma sarebbe più facile pensarlo se l’avesse fatto quando uscivano i verbali di e su Totti, Coco, Giardino, Trezeguet e delle solite veline (che alla fine pagheranno per tutti: la RAI l’altro ieri ha tagliato coraggiosamente il contratto a Sara Tommasi).

Dulcis in fundo, il Cavaliere avrà l’ennesima conferma dell’efficacia della regola aurea della sua vita: il “chiagni e fotti”. Bellachioma avrà dal governo dei comunisti ciò che non era riuscito nemmeno a lui: una bella legge-bavaglio contro le intercettazioni e chi le pubblica. Una legge molto attesa anche da Corona, che si mostrava molto interessato ai lavori parlamentari (“Se passa questa legge, non mi possono fare un ..... Se non passa, praticamente sono sfottuto: cioè quello che tu dici al telefono vale!”). Il governo Prodi – dice il compagno Caldarola – sta riuscendo là dove aveva fallito Berlusconi.

Quod non fecerunt barbari, fecerunt castellini.

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