La denuncia è partita dall'executive director di Human Rights Watch per l'Africa, Peter Takirambudde, che teme che tali prigionieri potrebbero subire maltrattamenti, torture o esecuzioni sommarie nelle carceri etiopi (note per la loro durezza nei confronti dei detenuti). Il responsabile di HRW afferma che già in passato sono state documentate le torture che i carcerieri etiopi perpetrano sui criminali e sui detenuti politici e militari. Inoltre le condizioni all'interno del carcere sono disastrose: in una cella di 3 metri per 3 vengono chiusi circa dodici detenuti, spesso malnutriti. Situazione che è resa ancora più grave dal fatto che fra i detenuti si trova una donna con un figlio di 7 mesi. Nessuno di questi prigionieri ha il diritto ad un avvocato e contro di loro, nonostante la detenzione duri già da diversi mesi, non ci sono ancora prove certe di colpevolezza. Inutile sottolineare che questo tipo di procedura infrange qualsiasi diritto umano e legge internazionale. La pratica, infatti, è del tutto illegale: diversi trattati internazionali (una per tutte la Convenzione Onu contro la tortura del 1984, sottoscritta da tutti gli stati menzionati nel rapporto) vietano esplicitamente «la consegna o l'estradizione di individui in paesi dove corrano il rischio di essere torturati».
"Each of these governments has played a shameful role in mistreating people fleeing a war zone. Kenya has secretly expelled people, the Ethiopians have caused dozens to ‘disappear,’ and US security agents have routinely interrogated people held incommunicado", Georgette Gagnon, deputy Africa director at Human Rights Watch
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