(fonte: worldnetdaily)
In base alle Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite numero 1244 le truppe ONU intervennero nel 1999 in Kosovo per fermare un genocidio. Ma secondo un nuovo rapporto dell'American Council for Kosovo, le truppe hanno deliberatamente aiutato e spalleggiato la sistematica e quasi totale pulizia etnica della popolazione Serba di religione cristiana, perpetrata per la maggior parte da albanesi di religione musulmana.
É il rapporto stesso (Hiding Genocide in Kosovo) ad affermare che "Ogni aspetto dello stile di vita dei serbi in Kosovo è stato minacciato dall'intervento post giugno 1999 del KFOR (la Kosovo Force della NATO) e a seguito di questa nuova realtà l'esistenza stessa dei serbi è minacciata". Continua il rapporto: "I serbi sono stati perseguitati attraverso tutto il territorio del Kosovo, nel loro stesso territorio, nella loro terra. Gli sono stati negati i diritti umani basilari e sono stati discriminati rispetto ai loro connazionali musulmani."
Usando sia testimonianze oculari, che diari dei morti, che interviste ai sopravvissuti il rapporto costituisce una straziante narrazione di 8 anni di genocidio perpetrato dai musulmani albanesi, che ora chiedono indipendenza per il Kosovo. Le Nazioni Unite, con il supporto delle potenze occidentali, hanno lavorato per questo scopo, che loro chiamano "the final status". "La più grande bugia: le forze di pace rivendicarono di essere intervenute per fermare un genocidio", scrive James George Jatras, direttore dell'American Council for Kosovo. "In realtà loro ne stanno supportando uno. Per i serbi in Kosovo il final status non può che significare una soluzione finale, di hitleriana memoria.
Il rapporto si focalizza su 12 comuni, tutti con una consistente percentuale di popolazione serba di religione cristiana. Oggi in quelle realtà i pochi rimasti sono vecchi e infermi incapaci di muoversi. La carneficina prosegue ancora, proprio sotto i nasi del KFOR. A Cernica, 45 case di serbi sono state distrutte da quando è finita la guerra e fino alla metà del 2003 erano stati uccisi 12 serbi, senza che nessuno venisse accusato di omicidio. Spesso, afferma il rapporto, ad atti di violenza contro i serbi, segue l'arresto delle vittime stesse. Ad esempio, il 5 agosto 2001, una granata è stata lanciata contro la casa di Vladimir Savic, seriamente ferito, assieme alla moglie, in seguito all'esplosione. Quando i soldati del KFOR sono arrivati sulla scena del delitto, si sono rifiutati di soccorrere i feriti, ma hanno arrestato il figlio Miomor, che durante l'esplosione si trovava nella casa con la moglie e due figli. Ogni tentativo di cercare soccorso per il padre è stato inutile, la base militare greca di Bartes, e quella americana Bondstil hanno rifiutato di accogliere civili nelle loro strutture mediche. Le vittime sono state successivamente soccorse, ma la mancanza di tempestività ha aggravato le loro condizioni, tanto che ad oggi sono mutilati ed invalidi.
Teatri di storie altrettanto sconvolgenti sono state le città di Novo Brdo, Devet Jugovica, Pristina, Letnica, Urosevac, Kosovo Polje, Vitina e Banjska. Le forze ONU sono anche accusate di aver direttamente aiutato questa pulizia etnica identificando i domicili dei serbi cristiani in ogni città del Kosovo e marchiando le case degli stessi con una croce gialla, per facilitare il lavoro dei persecutori.
"Il testo di Rambouillet, che chiedeva alla Serbia di ammettere truppe NATO in tutta la Jugoslavia era una provocazione, una scusa per iniziare il bombardamento. Rambouillet non è un documento che un Serbo angelico avrebbe potuto accettare. Era un pessimo documento diplomatico che non avrebbe dovuto essere presentato in quella forma", Henry Kissinger al Daily Telegraph, 28 giugno 1999 [*1]
3 commenti:
http://www.comincialitalia.net/interna.asp?id_tipologia=5&id_articolo=4165&pagina=
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