Le "impercettibili" iniezioni di denaro di Greenspan.
Un'obiezione avanzata per sollevare dalle proprie responsabilità l'ex segretario della Fed è che le iniezioni di liquidità nel mercato da parte della banca centrale statunitense non sono state rilevanti. A sostenere questa tesi ci sono blogger come Megan McArdle [*1], Brad DeLong [*2] e David Henderson and Jeff Hummel [*3].
Greenspan presentato sotto una luce meno adulatoria
Mi rendo conto che queste dispute possono convinvere ulteriormente i lettori che l'economia non sia una scienza ma piuttosto una questione ideologica in cui ogni parte mostra all'altra statistiche a sostegno delle proprie convinzioni. Ma ora, basandomi sugli stessi dati che hanno fornito gli economisti di cui sopra, raggiungerò una conclusione agli antipodi: Greenspan ha permesso che la quantità di moneta crescesse rapidamentre proprio nel momento in cui il mercato immobiliare cresceva a dismisura, precisamente quando i tassi d'interesse crollarono. Prima di iniziare vorrei precisare che la spiegazione seguente è un manuale che descrive come opera la Fed. Sono gli autori di cui sopra che minimizzano le capacità della banca centrale di tagliare i tassi d'interesse o "stimolare" l'economia (in ogni caso artificialmente e temporaneamente). Durante gli anni del boom, Greenspan e i suoi seguaci volevano fornire credito a tassi d'interesse misericordiosi, scselta che evitò agli Stati Uniti una dolorosa recessione, ma ora lo si vuol far passare per un innocente spettatore di fronte ai risparmi asiatici e ai banchieri poco lungimiranti. In ogni caso, dopo questa premessa, torniamo al discorso principale.
Primo, prendiamo la discussione di Megan McArdle e Brian DeLong sulle iniezioni di liquidità e su come fossero insignificanti per causare i disastrosi effetti a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi. Come riportato da DeLong a fronte di un'iniezione di denaro di 200 miliardi di dollari attraverso transazioni che la banca centrale ha effettuato in Borsa, dobbiamo spiegare duemila miliardi di perdite. Bene, il mio primo pensiero è che il nostro sistema di riserva frazionaria ha incorporato un moltiplicatore. In particolare se sistema bancario è permesso di mantenere riserve ammontanti al 10 per cento dei propri depositi, la quantità di depositi che la banca può ampliare in cima alle riserve – è di 10 volte. Che con un semplice calcolo matematico costituisce l'impatto monetario da lui stesso riportato.
Ora lasciatemi anticipare la scontata risposta da parte di DeLong. Lui potrebbe controbattere dicendo "Ok bene, ma questo non ha ancora significato. Perchè questa espansione del credito di due triliardi di dollari ha portato i privati a concedere così tanti prestiti sbagliati?". É una buona domanda, ma non ha nulla a che vedere con l'entità delle perdite. Il punto della mia risposta è esclusivamente quantitativo. Greenspan ha fatto iniezioni di liquidità tutt'altro che irrilevanti una volta che teniamo conto della natura del nostro sistema a riserva frazionaria.
Passando all'articolo di Henderson e Hummel, esaminiamo le loro affermazioni: loro cercano di provare che l'espansione monetaria del 2002 e del 2003 non è stata eccezionale e a supporto di questa tesi riportano i dati relativi ai tassi d'espansione alla fine del 2001 e del 2006. Ma ciò equivale a dire che Keanu Reeves nel film Speed non ha guidato imprudentemente perchè, dopotutto, la velocità dell'autobus era più bassa nel momento in cui è sceso piuttosto che di quello in cui è salito. Per sapere se la politica monetaria di Greenspan del periodo '02-'03 è stata prudente o avventata non è sufficiente sapere che l'espansione monetaria del 2006 (quando ormai la bolla stava esplodendo) era minore rispetto a quella del 2001. Nel seguente grafico ho riportato le media annuali dei tassi di crescita monetaria (St. Louis Fed):
Nel grafico ci sono interessanti informazioni. Per prima cosa è facilmente osservabile che il tasso di crescita del 2002 (8,7%) è superiore rispetto a quello del 2001 (5,6%). In secondo luogo il 2002 è l'anno con il tasso di crescita maggiore dal 1970 (ad eccezione del 1979, con un 9,2%). Tutti sono d'accordo nel ritenere che gli anni '70 sono stati caratterizzati da una politica monetaria espansiva e poco lungimirante. Risulta quindi difficile ritenere moderato il comportamento di Greenspan durante il boom immobiliare.
Tariffe ipotecarie nella norma?
L'ultima obiezione che affronteremo in questo articolo è avanzata dall'eccellente economista di Chicago, Casey Mulligan, che scrive:
"Un'altra versione dell'ipotesi sugli aiuti finanziari afferma che le politiche statali hanno incoraggiato bassi tassi d'interesse per i mutui ipotecari, scelta che ha fatto lievitare il prezzo delle case. Credo che i prezzi delle case non sarebbero cresciuti così tanto se i tassi fossero stati più alti, ma i bassi tassi d'interesse non spiegano per quale motivo nel 2006 i prezzi delle case erano più alti rispetto a quelli degli anni 2003 e 2008. I tassi fissi dei mutui trentennali sono rimasti attorno al 6% durante tutto il periodo del boom e hanno continuato ad attestarsi attorno a quella cifra."Nessuno nega che ci deve essere stato qualcosa di endogeno per spiegare il fenomeno della bolla immobiliare; dopotutto il tasso di sconto attualmente è tanto basso quanto durante Greenspan, e nessuno si aspetta che si sviluppi una nuova bolla nello stesso settore. Ma le gioviali obiezioni di Mulligan a proposito dei tassi d'interesse possono dare al lettore un'impressione sbagliata. Sta inducendo il lettore a pensare che i tassi ipotecari non hanno niente a che vedere con il boom perchè dopotutto sono sempre rimasti attorno al 6%. Ma in realtà il crollo dei tassi ipotecari ha parecchio a che vedere con l'inizio del boom immobiliare. Il seguente grafico riporta sia il tasso d'interesse dei mutui trentennali che l'aumento annuale dell'Home Price Index misurato da S&P/Case-Shiller:
Tasso di riferimento per i mutui trentennali (blu) - crescita percentuale dei prezzi delle case (rosso)
Come dimostrato dal grafico qui sopra, i tassi d'interesse ipotecari durante il picco della bolla immobiliare erano i più bassi nell'arco dei 37 anni da quando vengono registrati dalla St.Louis Fed. [...]I tassi d'interesse sono scesi da circa l'8,5% della metà del 2000 fino al 5,5% nell'arco di tre anni. Il collegamento non è certo automatico, ma durante questo periodo c'è stata anche una crescita della massa monetaria e l'accelerazione della bolla immobiliare. Su questo ultimo aspetto si deve considerare che i tassi ipotecari sono crollati nell'arco di un anno (aprile 2002 - aprile 2003) dal 7% al 5,5%. Persino in un contesto ideale di consumatori razionali ci si aspetterebbe un aumento del prezzo delle case di circa il 17%. Nello stesso articolo Mulligan fa anche una bizzarra obiezione in merito ad una sua posizione in antitesi rispetto a quella di Larry White, sostenendo che i tassi d'interesse sui mutui a lungo termine non sono mai stati bassi durante il boom immobiliare. Ecco un grafico piuttosto significativo:
Questo post è la traduzione di un articolo di Robert P. Murphy, autore di "The politically incorrect Guide to Capitalism" per mises.org. Mentre lo traducevo la Fed ha tagliato il tasso sui Fed Founds portandolo tra lo 0 e lo 0,25%. Ci stiamo dirigendo verso le porte di Tannhauser.
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