16 novembre 2009
Aboliamo la FAO
Stamattina il direttore generale della FAO (l'organizzazione deputata ad affamare i poveri) Jaques Diouf, ha ufficialmente aperto il vertice sulla "sicurezza alimentare". Per chiunque ogni giorno passi almeno otto ore a guadagnarsi la sua "sicurezza alimentare", sarebbe già sufficiente trovarsi davanti a questo ossimoro per voltare pagina e non dare troppo peso alle parole dell'ennesimo parassita al soldo di un'agenzia globalista. Ci sono però varie contraddizioni interessanti meritevoli di approfondimento. Nel discorso di apertura è stata richiesta con fermezza la necessità di passare dalle promesse alle azioni concrete, perchè "Un miliardo di persone soffre la fame, vale a dire uno ogni gruppo di sei nel mondo, 105 milioni in più rispetto al 2008. Cinque bambini muoiono di fame ogni 30 secondi". Evitando di addentrarsi in statistiche discutibili, a conclusione del discorso uno si aspetterebbe che il direttore generale ammettesse, numeri alla mano, il totale fallimento della sua agenzia, e dopo 15 anni di "onorevole" servizio, decidesse di rassegnare le proprie dimissioni per manifesta incapacità nell'affrontare il problema. Al contrario è stato richiesto esplicitamente di aumentare i finanziamenti alla FAO. Non solo, è anche stato richiesto un accordo globale legalmente vincolante sui cambiamenti climatici e la sicurezza alimentare. In sostanza più soldi delle tasse di ognuno di noi in programmi di sviluppo che mirino a sfamare... chi? Numeri alla mano viene il dubbio che questi finanziamenti servano più che altro a saziare le fameliche delegazioni giunte a Roma. Nel biennio 2008-09 la FAO ha speso 784 milioni di euro. Una buona fetta di questa torta, diciamo la metà, non è finita nella pancia dei bambini sotto i 5 anni che rischiano di morire per malnutrizione, sempre presenti nelle locandine dell'agenzia, bensì nella gestione della struttura stessa. A dirlo non è un sito di controinformazione o un think tank al servizio delle sporche multinazionali guidate dall'avido uomo bianco, bensì la commissione Christoffersen, un comitato di valutazione esterna a cui è stato commissionato dalle Nazioni Unite un rapporto (470 pagine) sulla FAO. Per la sicurezza alimentare, tema al centro della conferenza che è partita oggi a Roma, è previsto uno stanziamento di 59 milioni di euro, per l’ufficio del caritatevole Diouf, 41,5 milioni di euro. Cifre che nemmeno De Benedetti o Romiti si sognerebbero. Complessivamente, le voci del bilancio Fao strettamente alimentari, in cui compare la parola cibo, «food», sono tre, per un totale di 90 milioni di euro di finanziamenti, circa il 15% del bilancio generale. Un'organizzazione leviatanica, la cui burocrazia succhia tutti i finanziamenti. Il colmo per un'organizzazione che fa proprio il motto "Ricchezza e benessere hanno valore se largamente e equamente distribuiti". Un concetto che oltre ad essere contraddetto dal bilancio stesso dell'agenzia, non ha nemmeno fondamento a livello economico. La ricchezza non è una torta per cui, se un individuo ne incamera di più, allora automaticamente l'altro ne otterrà di meno. Questo concetto molto probabilmente sarebbe valido se dal cielo piovessero in continuazione beni di consumo e di produzione. Ma, al contrario, rimanendo fedeli alla metafora, quella torta qualcuno, dopo aver sviluppato le giuste conoscenze, deve averla preparata e infornata. In sintesi quindi la discrepanza di risorse alimentari dipende dalle capacità produttiva di un Paese. Prendere alle nazioni ricche per dare a quelle povere sarebbe null'altro che un placebo, una ricetta fragile che non andrebbe a incidere sulla spina dorsale dell'economia che è, per definizione, il settore privato. Anzi, il settore privato dei paesi del terzo mondo oltre a dover fronteggiare i propri limiti, si troverebbe anche in concorrenza con le merci regalate alla popolazione dalla FAO, senza essere in grado di svilupparsi. A sostegno di quest'ultima affermazione c'è un recente studio del Centre For The New Europe, che ritiene che circa 6600 persone al giorno perdano la vita a causa dei dazi e della politica agricola europea. Altre vittime della follia statalista e della pianificazione centrale. Oggi sostenere la FAO significa dare carta bianca a una collezione di privilegi scandalosi che crescono alle spalle di chi muore di fame, affondando le proprie radici nella tragedia altrui, con il solo risultato di dilapidare denaro pubblico. A che serve continuare a dargli soldi e contributi? La fame del mondo resta uguale a prima. In compenso è stata saziata, in modo dignitoso, la fame dei delegati.
2 commenti:
Ciao Nicolo', lieto che ti piaccia il mio blog. Dando un occhio al titolo del primo post visibile, l'interesse è stimolato. Problema Fao. Cosa ne facciamo?
Ciao dimoites, innanzitutto grazie per la visita. Per quello che riguarda la Fao diciamo che la logica conclusione al mio discorso credo stia nel titolo del post :).
Peraltro nel simbolo dell'organizzazione è bene in vista la scritta "Fiat Panem", che ricorda molto il fiat money, la moneta a corso legale, di cui ti stai occupando sul tuo blog. Insomma banche e agenzie governative mondiali che promettono a tutti denaro e beni (ormai purtroppo sono due categorie distinte)...
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