19 gennaio 2010

Haiti needs Free Market

Al terribile terremoto di Haiti sta seguendo un massiccio intervento di aiuto internazionale, governativo e privato. In rigoroso ordine di inefficienza [*1]. Non mancano le prime opinioni politiche, come quella di Bill Clinton [*2], che spingono verso un piano di ripresa a lungo termine per l'economia haitiana. Sfortunatamente si tratta della stessa identica biada che per anni ha foraggiato i corrotti politici locali e mantenuto in una situazione disastrosa la popolazione [*3 - *4]. Nell'articolo [*5] che segue Richard M. Ebeling propone una ricetta diversa e di sicuro meno indigesta per la popolazione haitiana.

I nostri schermi televisivi sono stati inondati dalle tragiche immagini della devastazione e della sofferenza umana causata dal terremoto di Haiti.

I governi e gli enti privati stanno unendo gli sforzi per portare assistenza ai sopravvisuti di questo disastro naturale, che potrebbe aver causato fino a 100000 morti, secondo le stime iniziali diffuse dai media. Gli enti filantropici privati nel tempo hanno dimostrato di possedere una maggiore flessibilità, creatività e adattabilità nel gestire questo genere di emergenze rispetto ai governi. Per di più i governi, per quanto ben intenzionati, spesso sono propensi a fare progetti molto più invasivi sulla necessità e l'utilità di un permanente aiuto statale nel paese colpito dalla tragedia. Troviamo riscontro di questo atteggiamento nell'ex presidente Bill Clinton, che oggi ricopre il ruolo di inviato speciale delle Nazioni Unite ad Haiti. In un suo articolo sul Washington Post del 14 gennaio, Clinton si concentra su "Cosa possiamo fare per aiutare Haiti. Ora e nel futuro". Egli invita ad uno sforzo congiunto dei "governi, delle aziende e dei privati cittadini" per ricostruire e portare Haiti sulla strada di una crescita economica e della prosperità.

Dobbiamo ricordarci che Haiti è la nazione più povera nell'emisfero occidentale. Molti paesi nelle aree più sottosviluppate del globo sono usciti dalla povertà negli ultimi decenni, mentre Haiti, prima del terremoto, continuava a stagnare in una realtà caratterizzata da un tasso di disoccupazione del 50% e con l'80% della popolazione che vive sotto la soglia della povertà. In un periodo storico in cui molti paesi stanno diventando sempre più industrializzati e con economie diversificate, più del 65% degli haitiani dipende da poco produttive coltivazioni per il proprio scarso standard di vita.

Il governo, non per decenni ma da due secoli, è sempre stato notoriamente corrotto, brutale e tirannico. Se ci fosse un esempio pratico della nozione di "saccheggio legalizzato" di Frederic Bastiat, secondo cui i poteri del governo vengono applicati per rubare la ricchezza di alcuni a favori di altri che sono politicamente interconnessi, Haiti calzerebbe a pennello. Miliardi di dollari dei contribuenti statunitensi e di molti altri paesi sono tutti spariti in un imbuto che ha gonfiato le tasche dei politici e dei loro amici intimi. Il presidente Obama ha annunciato che i contribuenti americani invieranno altri 100 milioni di dollari nei prossimi mesi. Sfortunatamente, da queste redistribuzioni politiche, la popolazione haitiana non ha tratto alcun beneficio duraturo nè un miglioramento sostenibile dalle proprie condizioni di vita disperate.

Per un miglioramento di lungo termine Haiti ha bisogno di quello che Adam Smith, ne La ricchezza delle nazioni, chiama "sistema di libertà naturale":
  1. Sicuri e definiti diritti di proprietà privata per tutti i cittadini, che siano riconosciuti e sostenuti dalle leggi e dalle forze di polizia;
  2. Sicure e definite libertà civili, che includono la libertà di parola, stampa e associazione, con quest'ultima che comprenda la libertà di ogni individuo di aprire e intraprendere attività e competere pacificamente in ogni tipo di impresa senza restrittive regolamentazioni governative;
  3. Attività governative fortemente limitate al semplice ruolo di garante della vita, libertà e delle proprietà private regolarmente acquisite di ogni individuo. Questo include un sistema legislativo che non preveda favori politici o privilegi per alcuni a svantaggio di altri;
  4. Tassazione trasparente e minima, finalizzata a finanziare questi limitati compiti governativi, senza alcuna tendenza fiscale che scoraggi il risparmio, gli investimenti e l'accumulo di capitale, che sono ingredienti necessari per un miglioramento sostenibile nelle condizioni di vita nel futuro;
  5. Un sistema monetario stabile e non inflazionistico;
  6. Libertà di commercio senza dazi o altre restrizioni che limitino importazioni ed esportazioni.
  7. Nessuna campagna di invidia nei confronti degli affari e degli imprenditori di successo, poichè essendo l'impresa privata, la creatività e gli uomini d'affari che rischiano i motori umani della crescita, dell'innovazione e della coordinazione competitiva dell'economia.
Tutte queste azioni possono essere fortemente raccomandate al popolo di Haiti e al suo governo, ma devono essere pienamente comprese, desiderate e messe in atto dagli haitiani stessi. Non possono essere imposte da un elite illuminata statunitense o di qualsiasi altro paese. Tutti i cambiamenti reali e duraturi devono nascere dagli individui stessi. Ciò di cui gli haitiani non hanno bisogno, poichè non ne trarranno alcun beneficio, è di persone all'interno o all'esterno del governo che raccomandino e sostengano tutte quelle politiche che hanno contribuito a mantenere Haiti un paese poverissimo.

Negli affari esteri, politici e diplomatici sottolineano l'importanza di non dare "segnali sbagliati" alle altre nazioni, Le proposte come quella di Clinton rappresentano proprio questi cattivi segnali verso un popolo che ha bisogno di generosità volontaria, sia essa frutto individuale o associativo.
Il popolo di Haiti necessita di alcuni "segnali corretti" su come sia possibile iniziare una ripresa reale che possa porre le pietre su cui fondare una nuova e prosperosa economia. Ma questi segnali non devono essere idee politiche dello stesso governo che finora ha fallito o redistribuzioni forzate all'interno della popolazione o dal resto del mondo verso Haiti.

Ciò di cui la popolazione di Haiti ha bisogno è della libertà individuale e di sicuri diritti di proprietà in un mercato libero e aperto, che possa sfruttare al meglio le potenzialità di tutti. Nè politici nè burocrati, che siano di Washington o di Port-au-Prince, posseggono la minima conoscenza di cosa c'è bisogno di fare, o di quando , da chi e per chi vada fatto, che hanno i 10 milioni di abitanti di Haiti stessi.

Possono usare tutti gli aiuti che chiunque voglia inviargli ora, ma la ripresa che può iniziare domani può solo nascere dal libero utilizzo della creatività e delle abilità degli haitiani. Ciò significa che il loro governo e tutti gli altri governi devono farsi da parte nella ripresa.

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