20 settembre 2011

La Torcia di Wyatt

Alex Epstein è un membro del Centro Ayn Rand per i Diritti dell'Individuo, specializzato in temi energetici. Qui di seguito il suo articolo "We're running out of freedom, not oil":

Perché il prezzo di benzina e petrolio è cresciuto negli ultimi anni e perché, nonostante una recente flessione dei prezzi, molti analisti si aspettano comunque che continui a crescere nei prossimi anni? Ciò dipende dalla legge della domanda e dell'offerta. Dal lato della richiesta, sempre più persone stanno comprando più greggio che mai, e sono disposti a pagare prezzi più alti per averlo, sia che serva per alimentare un generatore elettrico in Cina, che l'auto di una coppia in India, che un trattore in Brasile. Ma dal lato dell'offerta, i produttori non hanno mantenuto il passo [*1], nonostante l'occasione di alti profitti. Perché questo non è accaduto?
Una spiegazione popolare consiste nel sostenere che stiamo finendo le riserve di petrolio [*2]. Ad esempio, Al Gore, ritiene che i prezzi del petrolio stiano aumentando perché è una materia prima che si sta rapidamente esaurendo e che quindi non può soddisfare la crescente richiesta in tutto il mondo. Non può? L'offerta di petrolio sul mercato in ogni momento è l'ammontare che può essere prodotto con profitto a un determinato prezzo. Questo, a sua volta, dipende da tre fattori: le materie prime disponibili, l'avanzamento delle tecnologie industriali e la libertà per l'industria petrolifera di estrarre greggio. 
Nel corso del tempo, la tecnologia ha consistenemente aumentato le capacità dell'industria petrolifera di trovare, estrarre e raffinare il petrolio dalla terra. Mentre una volta l'unico petrolio utilizzabile era quello superficiale in Pennsylvania, negli ultimi decenni l'abilità umana nell'esplorazione, produzione e raffinamento ha raggiunto l'Artide, i deserti e i fondali degli oceani, estraendo non solo dai convenzionali depositi liquidi, ma anche un petrolio più denso e pesante, perfino il catrame sabbioso e le rocce scistose. Inoltre, le moderne tecniche di estrazione aumentano la percentuale utilizzabile di ogni riserva accessibile, dai vecchi livelli accessibili attorno al 10% fino al 60% dei nostri giorni. Per di più la tecnologia ci permette di trasformare il gas naturale [*3] e il carbone [*4] in petrolio. Perciò, nonostante il fatto che ad oggi abbiamo consumato un triliardo di barili, la quantità di petrolio disponibile non è mai stata più grande. Secondo Michael Lynch [*5] "Il consenso tra i geologi è che abbiamo a disposizione 10 triliardi di barili. Un secolo fa, solo il 10% di essi era considerato utilizzabile, ma i miglioramenti tecnologici ci permetteranno di recuperare un 35%, ovvero 2,5 triliardi di barili. Non sono nemmeno inclusi le risorse potenziali come il catrame..." Questo grande potenziale è mostrato dalle aree scistose di Bakken, in North Dakota, una ex palude stagnante che ora produce un quarto di milioni di barili al giorno, aiutando a ridurre la disoccupazione dello stato del 3,8%. 

Queste sono le buone notizie. Quella cattiva è che ogni singola tecnologia che potrebbe portare alla prosperità dell'industria petrolifera e dei suoi fruitori è rallentata dall'intervento governativo, sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo. Tutte le tecnologie e le materie prime nel mondo sono inutili se i produttori di greggio non sono liberi di sviluppare e trarre profitto dal petrolio. Le industrie crescono in un mondo in cui i diritti di proprietà vengono rispettati e lo sviluppo valorizzato. Sfortunatamente, al giorno d'oggi il governo ha il potere di contrastare qualsiasi progetto industriale, un potere che è largamente nelle mani degli ambientalisti. Nel corso dei decenni, gli ambientalisti hanno dimostrato ostilità nei confronti di qualsiasi miglioramento nell'industria petrolifera. Essi esercitano un'enorme influenza, specialmente su un terzo dei terreni statunitensi (e tutti i fondali in mare aperto) che il governo ha nazionalizzato. Il governo ha ritardato di cinque anni [*6] e quasi fermato il più grande giacimento della storia americana, Prudhoe Bay, contrastando i progetti che prevedevano la produzione di 2 milioni di barili al giorno, di cui si aveva disperatamente bisogno durante la crisi energetica del 1973. Il governo è riuscito a proibire la trivellazione in una piccola area della riserva nazionale dell'Artide (che avrebbe portato alla produzione di 11 miliardi di barili, un triliardo di dollari ai prezzi di oggi) e in altri luoghi in Alaska, lasciando un sacco di barili sotto terra.
I gruppi ambientalisti si sono opposti con determinazione alla tecnologia necessaria per estrarre il petrolio dagli scisti sabbiosi canadese, che contengono centinaia di miliardi di barili. La fratturazione idralica ("hydrofracking"), la chiave che ha aperto a nuovi e inaccessibili giacimenti di greggio e gas dagli scisti, è sotto attacco dagli ambientalisti che rivendicano, senza alcuna prova, che il processo potrebbe contaminare le falde acquifere. La loro soluzione? Proibire completamente questa tecnologia [*7]. Il processo di conversione del carbone in petrolio liquido, utile per supplire alle carenze di produzione, è semplicemente proibito in America (per motivi di emissioni di CO2), il paese più qualificato nel suo utilizzo. La Cina, nel frattempo, sta trasformando il carbone in petrolio al costo di soli 45 dollari al barile [*8]. 
Sfortunatamente, la produzione internazionale di petrolio è in generale persino meno libera di quanto lo sia quella statunitense. La gran parte del petrolio mondiale è nazionalizzato (spesso rubato alle compagnie occidentali che hanno scoperto e sviluppato i pozzi petroliferi). Quindi, al posto di proprietari privati che sono in affari con compagnie private allo scopo di esplorare il vero potenziale del mondo petrolifero, le decisioni riguardanti la produzione di greggio sono prese da despoti, come il cartello dell'OPEC. Gli Stati Uniti si trovano di fronte a una scelta: vogliamo l'energia che ci fornisce il petrolio? Se la risposta è affermativa, abbiamo bisogno di una politica energetica che valorizzi la libertà delle compagnie petrolifere di produrre e deve promuovere questa libertà in tutto il mondo.

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