12 aprile 2006

Si divide, ma chi impera?

Scrivo questo post dopo due giorni di riflessioni in seguito all'amarissima delusione del risultato elettorale. Poteva essere l’occasione di un grande esame di coscienza collettivo, è stato invece un vergognoso balletto, durato un'intera notte in cui gli stessi giornalisti e sondaggisti non sapevano come comportarsi mentre lo spoglio proseguiva altalenante. Per non parlare di quella pseudofesta inscenata dai tre leader dell'Unione, svegliati all'improvviso dalla sentenza sputata da un'Italia ben diversa da quella che loro avevano disegnato nelle loro menti e che sono andati descrivendo negli ultimi 3 mesi di un'inutile e poco fruttuosa campagna elettorale. La poca serietà di questo sistema, d'altronde, non fa che riflettere la poca serietà di tutto il resto della nostra situazione. Comunque vadano le cose, il nostro paese da domani sarà al limite dell'ingovernabilità, e i mali che ci hanno afflitto ultimamente non potranno in questo caso che peggiorare. Che loro in quanto politici non sappiano, o meglio, non vogliano mettersi daccordo, è logico, non potrebbero tenersi le poltrone altrimenti. E’ la risacca dell’aspra vicenda del Novecento italiano che continua a frangersi sul nostro presente. Di continuo ci illudiamo che ormai sia finita, che quelle vecchie storia di fascismo e antifascismo, di clericalismo e anticlericalismo, di comunismo e anticomunismo siano ormai alle nostre spalle, ma ogni volta siamo costretti ad accorgerci che non è vero, che quelle vecchie storie, sia pure debitamente aggiornate con nuovi volti e nuove sigle, sono ancora in grado di dominare il nostro oggi. Forse è venuto il momento di smettere di guardare in alto, in attesa di una soluzione che da sola non verrà mai, e di rimboccarci le maniche, uno per uno, cominciando a guardarci in faccia per cercare di capire da dove si possa ripartire, per salvare il salvabile. Anche quando avremo messo a posto tutte le regole, ne mancherà sempre una: quella che dall'interno della sua coscienza fa obbligo a ogni cittadino di regolarsi secondo le regole. Se in fondo due italiani su quattro stanno da una parte, e due dall'altra, vuol dire almeno che per incontrarci non dovremmo avere grossi problemi. Cerchiamo di parlarci, invece di parlare soltanto, di capirci invece di voler soltanto essere capiti, perchè alla fine quelli che devono sgobbare dal mattino alla sera siamo comunque tutti noi, di destra o di sinistra che vogliamo chiamarci. Una frase proverbiale, così spesso citata da diventare una banalità, è "divide et impera". Non se ne conosce l’origine. È genericamente definita “un antico assioma romano” – e probabilmente ha radici ancora più antiche. Ma può essere interessante cercar di capire alcuni significati che ha oggi. Le differenze di opinione, di atteggiamento, di cultura non sono soltanto un’esigenza irrinunciabile di libertà, ma anche un nutrimento indispensabile per l’evoluzione dell’umanità e della conoscenza. Tuttavia ci sono temi, grandi e piccoli, su cui ci conviene essere uniti. E ci sono ingiuste e pericolose “divisioni” che sarebbe meglio eliminare. In una guerra, come in un contrasto politico o di interessi, dividere e confondere gli avversari è spesso un vantaggio per chi ci riesce. Ma è importante capire che chi vuole spaccare, disorientare, creare separazioni e privilegi, non lo fa mai per farci del bene. O è un nemico che ci vuol male, o è uno stupido che per egoistici e frettolosi motivi perde di vista il bene comune.
Guardiamoci da chi, in qualsiasi modo, crea o rinforza le divisioni. Come da chi vuole unificare e omogeneizzare un sistema in cui la sua è la voce dominante. Per quanto sorridenti e seducenti possano apparire le sembianze che assume... chi divide per imperare, come chi unifica d’imperio, non è un amico dell’umanità.


Approfondimenti:

"In una conferenza stampa a Nuova Delhi, Henry Kissinger ha dichiarato che verrà a Roma e andrà a pranzo dal presidente Leone, ma non parlerà di politica perché quella italiana è, per lui, troppo difficile da capire. È la prima volta che Kissinger riconosce i limiti della propria intelligenza. Ma vogliamo rassicurarlo.A non capire la politica italiana ci sono anche cinquantacinque milioni di italiani, compresi coloro che la fanno." Indro Montanelli, 31 ottobre 1974

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