11 maggio 2006

Conflitti dimenticati

(fonte: malberizzi@corriere.it)

NAIROBI – «I morti sono decine, i feriti centinaia. Sono soprattutto civili e non riusciamo più neanche a contarli. Sono tre giorni che si spara da tutte le parti. Ormai tra gli islamisti legati ad Al Qaeda e la nostra Alleanza per la Pace e la lotta al Terrorismo (signori della guerra e uomini d’affari, finanziariamente sostenuta dagli americani, ndr), è scoppiata una battaglia all’ultimo sangue. Chi vince resterà padrone di Mogadiscio». Così racconta quello che sta accadendo nella capitale somala Abdi Nur, capo milizia che odia i fondamentalisti. Gli scontri, cominciati domenica nel primo pomeriggio, non accennano a fermarsi. Sembrava una scaramuccia da niente ma era solo un assaggio: c’è stato uno scambio di artiglieria tra un gruppo di miliziani dell’Alleanza, guidati da Nur Tacle, e altri fedeli al capo dell’ombrello delle Corti islamiche, Sheck Sharif Shek Ahmed. I due uomini appartengono entrambi al clan abgal e allo stesso sottoclan, l’agonier. Ciò fa capire come in Somalia dopo anni di lotte e di guerre, la società si sia totalmente sfilacciata: persino la solidarietà di cabila è venuta meno. Gli scontri sono finiti in serata ma la battaglia vera e propria è cominciata lunedì mattina. A fianco di Nur Tacle sono intervenute le milizie di Bashir Rage e in soccorso di Shek Sharif sono scese in campo le altre corti islamiche della città. Il fronte della battaglia, cominciata al vecchio cosiddetto «Campo dei cinghiali» si è allargato ai quartieri di Karan e di Yardiglei. Ieri pomeriggio è stato investito il rione di Wahara’Adde, quello dove hanno trovato rifugio “gli stranieri”, gli afghani, i pachistani e gli arabi che secondo l’intelligence americana fan parte della rete di terroristi legata ad Al Qaeda. In quell’area, nei pressi della vecchia Strada Imperiale del colonialismo italiano, nascosta nella boscaglia, c’è la moschea Al Idayha, la più integralista di tutta Mogadiscio, dove fino a poche settimane fa pregava Fazul Abdullah Mohammed, meglio conosciuto dalle cronache come Fazul Harun. Fazul, nato nelle isole Comore, ma ormai cittadino del network del terrore, è accusato di aver organizzato il 7 agosto 1998 gli attentati contro le ambasciate americane di Nairobi e Dar es Salaam (231 morti), e di essere la mente degli attacchi a Mombasa, il 28 novembre 2002 . Due missili tirati contro l’aereo israeliano dell’Arkia fallirono il bersaglio ma un’autobomba con il kamikaze a bordo lanciata contro l’hotel Paradise, frequentato da turisti dello stato ebraico, falciò la vita a 12 kenioti e 2 israeliani. Nonostante la taglia di 25 milioni di dollari messa sulla sua testa dal governo statunitense, Fazul non è stato mai catturato. Gli americani sono convinti che si trovi ancora nella capitale somala, assieme ad altri terroristi che hanno trovato rifugio in un Paese senza governo dal 1991, in preda al caos e dove tutti sono armati. Da alcuni mesi gli americani, in violazione dell’embargo imposto dall’Onu, stanno finanziando l’alleanza che hanno organizzato per tentare di sconfiggere le milizie islamiche. Sono riusciti a mettere assieme una coalizione abbastanza forte che però, nel marzo scorso, non si è dimostrata all’altezza. Ha ingaggiato battaglia ma alla fine è stata sconfitta e ha perso terreno. “Ora ci riprenderemo tutto e ricacceremo in mare gli stranieri e i loro complici somali”, annunciava ieri al Corriere il generale Gram Gram che comanda le milizie di Mohammed Kanyare Afrah, un businessman che si è strasformato in signore delle a guerra. Oggi dunque si preannuncia ancora un giorno di battaglia durissima che provocherà un’altra ondata di vittime. Ma la Somalia non è solo Mogadiscio, città devastata in mano a miliziani e banditi. La pace e la riconciliazione, sia pure con grandi difficoltà, vanno avanti nel resto del Paese. A Baidoa, sede provvisoria del Governo Federale di Transizione, si stanno formando le amministrazioni locali. A finanziare il nuovo corso è soprattutto il governo italiano, il cui inviato speciale, Mario Raffaelli, cerca di mettere assieme un puzzle assai complicato e rognoso.
Approfondimenti:

"Musulmani, loro mi hanno insegnato la fede, l'abbandono incondizionato, la resa a Dio, una resa che non ha nulla di fatalistico, una resa rocciosa e arroccata in Dio, una resa che è fiducia e amore. I miei nomadi del deserto mi hanno insegnato a tutto fare, tutto incominciare, tutto operare nel nome di Dio", Annalena Tonelli (Forlì, 2 Aprile 1943 - Borama, Somalia, 5 ottobre 2003)

2 commenti:

Ciunciun ha detto...

Ma veramente parti?
Dai, dimmi qualcosa do più! Perchè, per quanto, a fare cosa...

Davide ha detto...

Gran bel blog, davvero interessante, per come lo intendo io è l'espressione massima del significato di "blog": un mezzo di informazione personale nel mondo del Web.
Purtroppo in Italia non se ne trovano molti di blog di questo tipo...

Le andrebbe uno scambio link? :)

Un saluto
a presto

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