27 maggio 2006

La coppia dei deboli

Mea culpa e ritrattazioni, ma non ripensamenti né cambi: nella più sorprendente conferenza stampa del loro sodalizio, George Bush e Tony Blair hanno ammesso per la prima volta seri errori in Iraq e si sono rimangiati alcune dichiarazioni precedenti, ma hanno insistito che la guerra era necessaria e hanno rifiutato di fornire un calendario di ritiro delle truppe. Il presidente si è rammaricato delle sue iniziali espressioni da cowboy, «Che si facciano avanti!», «Bin Laden vivo o morto!», e delle torture sui detenuti ad Abu Ghraib: «Ho imparato a essere un po' più sofisticato, purtroppo diedi l'impressione sbagliata. Quanto ad Abu Ghraib, lo stiamo ancora pagando». Il premier ha deprecato le purghe dei baathisti, i seguaci di Saddam, che hanno privato l'Iraq della sua infrastruttura, ha detto, e rafforzato gli insorti: «Col senno di poi, avremmo dovuto comportarci diversamente». E in una velata critica all'ospite: «Sono state sottovalutate le difficoltà». Ma nessuno si è dato per sconfitto e ha annunciato il disimpegno. Bush ha ribadito che tempi e portata del ritiro dipenderanno dalla situazione e dalla capacità degli iracheni di difendersi. Blair ha protestato che «un rimpatrio arbitrario sarebbe un segnale di debolezza». Ma mentre il presidente ha sostenuto che l'America è in grado di completare da sola la missione «contro i fascisti islamici», il premier ha chiesto un intervento della comunità internazionale, l'Onu in particolare: «La guerra ha spaccato il mondo, la lotta dell'Iraq per la democrazia deve unirlo». Per l'Italia, è dunque un momento di riflessione: malgrado i piani di rapido sgombro anticipati dai media inglesi, Bush e Blair potrebbero mantenere le loro forze in Iraq all'attuale livello tutto l'anno. Secondo il premier iracheno Al Maliki, Bagdad incomincerà a provvedere alla propria sicurezza solo alla fine del 2007. Nell'imbarazzata recita dei due leader, «la coppia dei deboli» come li ha chiamati l'Economist dopo il crollo nei sondaggi, il meno teso è sembrato Bush. Invertendo i ruoli, il presidente, invece di farsi soccorrere da Blair come avveniva spesso, è andato al suo soccorso. Quando un giornalista ha chiesto al premier se fosse alla sua ultima visita alla Casa Bianca, questi ha ribattuto: «Faccia domande serie». Bush ha sorriso: «Non è ancora al tappeto, lo voglio qui finché ci sarò io». Poi la battuta: «Mi mancherebbero le sue cravatte rosse». Nel frattempo si diffonde la notizia che Il Pentagono abbia le prove che Ad Haditha i marines ammazzarono madri e figli a sangue freddo. Riporto alcuni frammenti di notizie tratti da testate giornalistiche straniere:

In March 2006, U.S. military investigators reopened an investigation into the death of 15 civilians in Haditha after a roadside bomb attack on U.S. Marines from Kilo Company, 3rd Battalion, 1st Marines on 19 November 2005. The Pentagon had initially claimed the 15 civilians were killed by the bomb's blast. As of May 27th, 2006, Western media is reporting that the number of Iraqi civilians dead is actually 24, and that none of these people were killed by the improvised bomb as reported earlier ('Worst war crime', telegraph.co.uk, May 27, 2006)

This news comes in anticipation of the results of a US military investigation which will show that the 24 Iraqi deaths were actually calculated murder committed by 12 members of the US Marines from the 3rd Battalion, 1st Marine Regiment, 1st Marine Division. The victims of the attack were unarmed, and the dead included women and children ('Pentagon sources: Civilians likely killed without provocation', CNN, May 27, 2006)

Photos taken by military photographers and video taken by immediately after the massacre are reported to show evidence that the killings were methodical, with no evidence of any resistance whatsoever (Collateral Damage or Civilian Massacre in Haditha?, Time, March 19, 2006)

"Peras imposuit Iuppiter nobis duas: propriis repletam vitiis post tergum dedit, alienis ante pectus suspendit gravem. Hac re videre nostra mala non possumus: alii simul delinquunt, censores sumus."

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