La scelta di non accettare più pagamenti in dollari è un ulteriore passo avanti verso l'apertura di una Borsa petrolifera iraniana, che si baserà su un meccanismo del commercio del petrolio in euro e che naturalmente implicherà il pagamento del petrolio con la moneta europea. In termini economici, ciò costituisce una ben più grande minaccia all’egemonia del dollaro, perché in tal modo si permetterà a chiunque desideri o comprare o vendere il petrolio in euro di effettuarvi le transazioni, raggirando così del tutto la moneta statunitense. Se ciò accade, allora è probabile che quasi tutti saranno desiderosi di adottare il sistema petrolio-euro. Basti ricordare che lo scorso anno il dollaro ha perso il 9% del proprio valore nei confronti dell'euro, e negli ultimi cinque anni il 35%. Si tratta quindi di una minaccia molto più prossima e gravosa rispetto a quella scarsa centinaia di centrifughe per l'arricchimento dell'uranio attualmente funzionanti in Iran. La reazione statunitense non è certo prevedibile, perchè qualsiasi opzione per ostacolare queste operazioni risulterebbe controproducente, e magari anche più dannosa del problema stesso. L'Iran gode infatti dell'appoggio cinese e russo, per via degli accordi energetici, e, in caso di un attacco militare, sarebbero inevitabili le ritorsioni delle due superpotenze. In particolare della Cina, che possiede in riserva 769 miliardi di dollari, il 30% del proprio PIL.
In barba a qualsiasi programma di armamento nucleare, la borsa petrolifera iraniana rappresenta oggi una delle più grandi sfide al dollaro e ai suoi difensori della Federal Riserve.
0 commenti:
Posta un commento