Circa diecimila persone - partecipanti, attivisti e giornalisti - di circa 190 paesi dal 3 dicembre e per le due settimane seguenti sono riunite nell'isola di Bali per la più grande conferenza mai organizzata sul cambiamento climatico, sotto l'egida dell'Onu. Scopo immediato della conferenza sarà quello di lanciare negoziati per raggiungere un patto al fine di sostituire il protocollo di Kyoto. Per il momento abbiamo assistito al no secco degli USA a un accordo multilaterale [*1] (e quando mai?!) e all'intervento di Al Gore, che dall'alto della levatura morale che ai tempi della vicepresidenza lo spinse ad appoggiare il bombardamento del Kosovo, ha proposto di anticipare di due anni l'accordo post-Kyoto, sulla riduzione delle emissioni di gas serra. Davanti al nulla più assoluto abbiamo però un dato certo. I rappresentanti dei governi e gli attivisti che sono volati a Bali (che come mostra la cartina qui sopra è facilmente raggiungibile da ogni angolo del globo) hanno contributo al global warming tanto quanto 20.000 macchine in un anno [*2]. Ecco le testuali parole di Artur Runge-Metzger, capo della commissione europea per la strategia climatica, che è una carica foraggiata dai contribuenti del vecchio continente:
"It's very hard for the public to understand that you come together with so many people to a very distant place and cause a lot of emissions, and at the same time talk about emission reductions''
C'è da fare una lode di merito all'Indonesia, che pianterà 79 milioni di alberi per compensare le emissioni di questa conferenza. Sorge spontaneo chiedersi se poi pianterà anche tanti alberi quanti saranno necessari per compensare le emissioni per la piantumazione dei primi.
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