26 marzo 2008

La crisi alimentare: "l'elefante nella stanza"

Da qualche tempo molte cassandre si stracciano le vesti annunciando l’imminente peak oil, cioè l’inizio del declino della produzione petrolifera, come una sorta di catastrofe economica. Ma quello del peak oil appare oggi quasi una burletta in confronto al prossimo peak food, cioè in confronto alla crisi alimentare ormai incombente grazie anche all’accelerazione impressa all’impennata dei prezzi del cibo (*approfondimenti vari) e soprattutto dall’illusione di neutralizzare la crisi energetica, mediante il trasferimento di molte colture agricole al mercato dell’energia. In sostanza i governi, per l'ennesima volta, nell'intento di risolvere un problema, stanno miseramente fallendo non sono in quanto non raggiungono l'obiettivo prefissato, ma soprattutto perchè creano altri danni alla comunità. L'ennesimo allarme di una nuova crisi su scala globale viene lanciato dalle colonne del Guardian [*1 - traduzione a cura di comedonchisciotte]:
La sicurezza alimentare e il rapido aumento dei prezzi dei generi alimentari costituiscono “l’elefante nella stanza” che i politici debbono affrontare velocemente, secondo il parere del nuovo capo consulente scientifico del governo britannico. Nel suo primo importante discorso da quando è entrato in carica, il professore John Beddington ha detto che la corsa globale per la coltivazione dei biocombustibili aggrava il problema e che la riduzione delle foreste pluviali per produrre colture di biocombustibili è “profondamente stupida”. In occasione della Conferenza britannica Govnet per lo Sviluppo Sostenibile, ha detto a Westminster: “C’è progresso sul fronte del cambiamento climatico (sic!). Ma là fuori c’è un altro grave problema. È molto difficile immaginare come si possa intravedere un mondo che coltivi abbastanza colture in modo tale da produrre energia rinnovabile e che soddisfi al tempo stesso l’enorme aumento della richiesta di cibo, che si verificherà propriamente mentre alleviamo la povertà”. [...] “L’industria agricola deve raddoppiare la produzione di cibo, utilizzando meno acqua di adesso” ha detto. La crisi alimentare ci investirà molto più velocemente del cambiamento climatico, ha aggiunto. Ma ha riservato alcuni dei suoi più aspri commenti per l’industria dei biocombustibili, che ha detto aver provocato una “scossa massiccia” ai prezzi del cibo nel mondo. “In termini di biocombustibili c’è stata propriamente, una reazione contraria” ha detto. “Esistono reali problemi di insostenibilità”. La produzione dei biocombustibili crescerà enormemente nei prossimi 15 anni. Gli USA hanno in programma di produrre 30 miliardi di galloni di biocombustibile entro il 2022 – il che vuol dire triplicare la produzione di mais. L’UE ha il target che i biocombustibili costituiscano il 5,75% dei combustibili per i mezzi di trasporto entro il 2010. [...]
Il prezzo dei generi alimentari di prima necessità (come riporta anche un recente articolo di msnbc), a partire dai cereali, è quindi strettamente legato ai crescenti investimenti nel settore dei biocombustibili. Quello che, guardacaso, si dimenticano spesso di dirci, è che questi investimenti non sono dettati da un futuro ritorno economico, bensì dai massicci sussidi statali che hanno reso il settore dell'etanolo un'autentica miniera d'oro (gli statunitensi vedono 51 cents delle loro tasse versate per ogni gallone di etanolo prodotto da ADM o David Rockefeller [*2]). Non si menziona nemmeno che gli stessi agricoltori di biodiesel ricevono cospicui sussidi che nel settore dell'agricoltura alimentare non ci sono (poi vabè, ci sono anche casi in cui i contadini vengono pagati per non coltivare [*3], ma su questi stendiamo un velo pietoso). Il risultato è quindi una completa distorsione del mercato, e una produzione che non si orienta più usando la bussola della domanda e dell'offerta, bensì dei finanziamenti statali. Ovvero il governo sta incentivando la produzione di materie che non si sa se il mercato richiede, a scapito di altre la cui domanda è invece ancora alta (aspetto che risulterà particolarmente interessante in prospettiva futura, quando si dovrà valutare il fallimento di queste politiche economiche, soprattutto per chi addosserà tutte le colpe al libero mercato). La catastrofe potrebbe essere persino ecologica, in quanto la produzione di 1 singolo gallone di etanolo richiede l'impiego di 5 galloni d'acqua. I sussidi statali hanno quindi artificialmente aumentato la domanda d'acqua anche nelle zone aride (che ora diventano coltivabili in virtù degli enormi guadagni che il biodiesel consente), creando una serie di conseguenze a catena: le città patiranno una diminuzione delle proprie riserve idriche, in quanto gli agricoltori hanno la priorità sugli approvvigionamenti, e quindi un aumento del prezzo dell'acqua. La diminuzione dell'offerta della stessa potrebbe causare anche provvedimenti legislativi speciali per ridurre il suo consumo. Insomma, il biodiesel è la dimostrazione di come l'intervento statale in materia economica, causi inevitabilmente tutta una serie di conseguenze "a cascata" che vanno a penalizzare in primis altri settori, ma soprattutto il piccolo contribuente.

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