7 gennaio 2008

Peak Food

Scaffali vuoti a Caracas. Sommosse per il cibo in Messico. Allarmi carestia in Jamaica, Nepal, Filippine e nell'Africa sub-sahariana. Il prezzo crescente dei generi alimentari sta producendo un'instabilità politica che spinge i governi a controllare artificialmente i prezzi di pane, grano e prodotti caseari (in questo caso tenendoli a freno) [*guardian]. Dimenticatevi il petrolio, sta emergendo una nuova crisi su scala globale. É quella del cibo. Donald Coxe, membro del BMO Financial Group, in un convegno a Toronto ha recentemente affermato che la crisi dei mutui e il barile a 100 dollari sono due problematiche che potrebbero impallidire di fronte alla catastrofe alimentare che va materializzandosi [*financialpost]. Mr. Coxe ha affermato che i recenti aumenti dei generi di prima necessità non si fermeranno, ma al contrario saranno sempre maggiori, per via dell'aumento della domanda delle economie emergenti dei paesi asiatici e dell'industria dei bio-carburanti. Particolarmente interessante è quest'ultimo fenomeno di cui ne avevamo già parlato tempo addietro (e a dir la verità persino l'OCSE ha lanciato l'allarme) [*1 - *2]. É necessario partire da una premessa: gli USA sono i primi produttori al mondo di mais, detenendo anche il 70% delle esportazioni, quindi ogni scelta nazionale influenza pesantemente anche i mercati internazionali. L’Amministrazione neo-con negli ultimi anni sta mettendo in atto importanti pressioni di pubbliche relazioni per convincere il mondo di essersi trasformata nel “miglior tutore dell’ambiente”, tant'è che negli recentemente il presidente Bush ha spesso promesso un maggiore impegno sul fronte delle energie pulite/rinnovabili in particolare insistendo sulla produzione di bioetanolo [*3] e sull'intenzione di tagliare del 20% il consumo di carburanti negli USA entro il 2010. La motivazione ufficiale è quella di “ridurre la dipendenza dalle importazioni di petrolio”, con il contemporaneo taglio delle emissioni indesiderate dei “gas serra”. In realtà dei gas serra a Bush non può fregare di meno, tant'è che parliamo di un presidente finanziato cospicuamente dalla Southern Company, la cui centrale Scherer [*4] a Juliette in Georgia, con oltre 25 milioni di tonnellate, da sola emette più CO2 dell'intero Brasile. Il cuore del progetto che sta dietro questa facciata ambientalista sta in una espansione dell’uso del bio-etanolo come combustibile da trazione. Il piano del Presidente prevede la produzione di 35 miliardi di galloni, (circa 133 miliardi di litri), di etanolo all’anno, entro il 2017. Sta tutto nell’Energy Policy Act. Ovviamente questo geniale piano è interamente finanziato dai contribuenti americani che vedono 51 cents delle loro tasse versate per ogni gallone di etanolo prodotto da ADM (Admarcher Daniels Midland Company) o David Rockefeller. Il risultato di questi sussidi è che negli States sorgono come funghi nuove particolari distillerie per etanolo, simili alle raffinerie di petrolio. Il loro numero (comprese quelle in costruzione) supera attualmente il numero complessivo di raffinerie di petrolio insediate negli USA in questi ultimi 25 anni. Un business tanto redditizio che nel 2006, le fattorie dedicate alle coltivazioni per bio-carburanti sono aumentate del 48% con la conversione di fatto delle aziende agricole USA in fabbriche di bio-carburanti. Nella stessa direzione si sono mossi anche Brasile e Cina, che si stanno spostando dagli alimentari ai bio-carburanti per grandi estensioni di terra. Il risultato di queste politiche è che le quantità delle scorte di tutti i cereali alla fine del 2006 si sono ridotte a 57 giorni di consumo, il più basso livello dal 1972. Anno in cui curiosamente Henry Kissinger (e chi se non lui?!) e l'Amministrazione Nixon avevano progettato “La Grande Rapina del Grano”, la vendita di enormi quantità di grano USA all’Unione Sovietica in cambio della vendita record di petrolio Russo verso un Paese dell’Occidente (con un conseguente aumento dei prezzi del 400%). In Europa, dove si usa principalmente la colza (alimento per il bestiame), le cose non vanno meglio. La logica conseguenza è infatti che i prezzi della carne in tutto il mondo stanno aumentando e tendono ad un continuo aumento [*5]. Le conseguenze non si limitano però solo al comparto alimentare. Molto del petrolio mondiale è destinato alla produzione di bio-combustibili. Il Prof. David Pimentel della Cornell University ed altri scienziati dichiarano che l’energia risultante prodotta dal carburante a base di bio-etanolo è inferiore all’energia da combustibili fossili usata per produrre l’etanolo stesso [*6]:

Turning plants such as corn, soybeans and sunflowers into fuel uses much more energy than the resulting ethanol or biodiesel generates, according to a new Cornell University and University of California-Berkeley study. "There is just no energy benefit to using plant biomass for liquid fuel," says David Pimentel, professor of ecology and agriculture at Cornell. "These strategies are not sustainable."

Non parliamo di perdite trascurabili, bensì di una perdita secca del 29%. La disponibilità di greggio è quindi fortemente minacciata, considerando anche il fatto che i sussidi per i bio-carburanti spingono le grandi compagnie petrolifere a spostarsi verso questa nuova fonte energetica più "verde". La BP nel maggio scorso ha donato 500 milioni di dollari all’Università di Berkeley-California, per finanziare ricerche, bio-carburanti inclusi [*7] e 15 all'Università di Princeton [*7b]. La Exxon Mobil ne ha donati 100 all'Università di Stanford [*8]. La Chevron 25 all'Università di Davis-California [*9]. Oltre a questi colossi del petrolio nel mercato del bioetanolo si sono buttate anche la Cargill, ADM, Monsanto e Syngenta. La crème de la crème delle multinazionali mondiali, insomma. Giusto per verficare empiricamente questa mole di informazioni, ecco un grafico che mostra il prezzo del frumento [*TradingCharts]:



L'impennata è visibilissima, ed è quantificabile in un aumento del 92% nell'ultimo anno. Benvenuti, signore e signori, al nuovo shock mondiale per i prezzi degli alimentari, con tempismo destinato ad associarsi al nostro attuale shock mondiale per i prezzi del petrolio. Soluzioni?

1 commenti:

freenfo ha detto...

Ciao, i biocarburanti sono una vera rovina. Si potrebbero utilizzare gli enormi quantitativi di cereali per la fame del mondo e uno sviluppo più sostenibile. Invece l'Occidente vende l'anima al diavolo cercando sempre nuova linfa vitale per alimentare un sistema al collasso. Il petrolio è finito, fra breve tutto sarà devastazione e carestia, purtroppo.

Ciao, ottimo editoriale.

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