22 dicembre 2009

Inflazione o deflazione?

Mentre il Messia rinfranca gli statunitensi sulla ripresa certa dell'economia, si è acceso un dibattito tra gli economisti, che si trovano divisi tra due scenari opposti: inflazione o deflazione? É importante ricordare che con inflazione si intende l'aumento della quantità monetaria in circolazione in rapporto alla quantità di beni prodotti (avvalendosi di quella tecnologia chiamata "stampa" che, una volta abbandonato il gold standard, permette di produrre tutti i dollari di cui si ha bisogno a costo zero). L’aumento generale dei prezzi e la perdita del potere d’acquisto sono invece conseguenza dell’inflazione. Per contro, la deflazione è il fenomeno monetario opposto all’inflazione, cioè un processo di contrazione monetaria. Per fare un esempio molto vicino ai temi di cui solitamente tratta la tv generalista, la deflazione è sostanzialmente una "purga" naturale che l'economia deve subire dopo un periodo di crescita artificiale. Più si rimanda questo momento più la deflazione prenderà le caratteristiche di una profonda depressione. Nell'articolo che segue, segnalato da Processi di Mercato, Robert P. Murphy analizza le due correnti di pensiero cercando di fare chiarezza. Vale la pena di leggerlo anche se andare a fondo nella diatriba non dovesse entusiasmarvi, perchè il brano contiene anche diverse previsioni per l'anno che è ormai alle porte. L'opinione del sottoscritto è che la ripresa americana è un lontanissimo miraggio, anche perchè la crisi economica va ad intrecciarsi ad un aumento gigantesco della spesa pubblica portato avanti da Obama, mentre sono stati creati tutti i presupposti per una depressione inflazionistica. Buona lettura.

Una delle situazioni più imbarazzanti che gli economisti austriaci si trovano a fronteggiare in questi giorni è la contrapposizione tra chi si aspetta una deflazione del livello generale dei prezzi e chi, al contrario, si aspetta inflazione. Benchè il confronto e il disaccordo pubblico siano un bene, ed è preferibile al tentativo di nascondere i contrasti [*1] per rassicurare il pubblico che ci sia un unico pensiero su ciò di cui parliamo, è tuttavia sconfortante che le nostre prognosi sul dollaro statunitense siano così divergenti.

Tornando a Luglio, consigliai a Mike Shedlock [*2] di non creare allarmi tra i lettori parlando di un'incombente deflazione dei prezzi. Pensavo che la minaccia reale era la rapida perdita di potere d'acquisto, e ho spiegato i motivi per cui la sua posizione fosse inconcludente. Vorrei essere capace di dire che uno di noi due avesse torto, ma fino ad oggi le prove non escludono nessuna delle due opinioni. Proprio come mi ha fatto notare un assiduo lettore di Mish, il 2010 sarà decisivo, e se i prezzi si muoveranno minimamente in un senso o nell'altro, avremmo entrambi torto. In questo articolo voglio ribadire i motivi per cui vedo l'aumento dei prezzi una minaccia reale e illustrare alcuni problemi della teoria deflattiva.


L'aumento dei prezzi è ancora la minaccia

Per prima cosa devo riconoscere che, all'inizio di quest'anno, ipotizzavo il pericolo di un grande aumento dei prezzi al consumo. Sebbene non ci troviamo in una trappola deflattiva (come spiegherò di seguito), ovviamente le mie previsioni erano eccessivamente allarmiste. Quindi devo perlomeno spiegare per quale motivo mi sono sbagliato. Quello che è successo è che Ben Bernanke ha dato un colpo di freno all'offerta di moneta controllata dal pubblico, misurata da aggregati finanziari come l'M1 o l'M2. Come potete vedere nel grafico sotto, la quantità di denaro controllata dal pubblico, in conti correnti, moneta nelle proprie tasche e altre forme di liquidità, è aumentata velocemente alla fine del 2008. Parallelamente Bernanke ha permesso che la base monetaria (che include anche le riserve obbligatorie degli istituti presso la banca centrale) esplodesse.


Il lettore si ricorderà che nel periodo a cavallo tra fine del 2008 e l'inizio del 2009, i politici più importanti chiedevano alle banche di aumentare i prestiti e quindi giustificare i corposi aiuti statali che avevano ricevuto. Dopo tutto, a detta di Paulson, l'appartente scopo del salvataggio era quello di garantire l'accesso al credito alle piccole imprese. Ho scioccamente creduto che la crescita degli aggregati monetari M1 e M2 alla fine del 2008 sarebbe continuata e questo è il motivo per cui prevedevo una massiccia inflazione dei prezzi per il 2009. Come mostra il grafico sopra, Bernanke ha mantenuto la liquidità primaria (M1) attorno al nuovo picco per alcuni mesi, e l'andamento della liquidità secondaria (M2) è molto simile. Sebbene molti pensano che la Fed emetta ingenti quantitativi di nuova moneta ogni giorno, la realtà è piuttosto diversa. É vero che la base monetaria continua a raggiungere nuovi picchi, ma una buona parte di questo nuovo denaro è contenuta nei conti correnti della banca stessa.

La ragione per cui mi aspettavo un aumento dei prezzi su larga scala è piuttosto semplice: non vedo niente di coerente nella strategia di Bernanke di rimuovere le riserve in eccesso dal sistema bancario.Un piano per vendere alla svelta gli assets nello stato patrimoniale della Fed (e in tal modo drenare una parte delle riserve fuori dal sistema) non mi rassicura perchè (a) non penso che Bernanke abbia il fegato di farlo e quindi di far crollare il mercato immobiliare; (b) la Fed dovrebbe vendere gli assets appena acquistati ad un prezzo minore rispetto a quello che li ha pagati. Ciò vuol dire che ci sarebbero ancora eccessi di riserve che non sarebbe in grado di assorbire. [...]

Quand'è che il genio dell'inflazione uscirà dalla lampada?

Senza ombra di dubbio nessuno sa dire con certezza quale sarà la tendenza dei prezzi nel futuro. In particolare se ci sarà un nuovo attacco terroristico o un collasso finanziario, è assolutamente possibile che gli investitori di tutto il mondo si rifugeranno in massa nei titoli del Tesoro statunitensi, aumentando di conseguenza il valore del dollaro negli scambi internazionali. Comunque io ritengo che la tendenza generale sia quella di una svalutazione del dollaro e di un aumento generale dei prezzi.

Ironicamente, questa tendenza è già davanti ai nostri occhi. Come mostrato dal grafico qui sotto, l'indice dei prezzi al consumo misurato (in maniera approssimativa) dal CPI è cresciuto costantemente durante tutto l'anno.



Questo potrebbe confondere i lettori che si affidano alla stampa finanziaria. In un articolo tipo del 2009, la stampa riporterebbe che il livello dei prezzi del mese precedente era di uno 0,2% più alto rispetto a quello dei mesi prima, ma convicerebbe il lettore che "l'inflazione è ancora sotto controllo" mostrando le statistiche annuali. Per esempio il Bureau of Labor Statistics (BLS), lo scorso mese ci ha informati che i prezzi ad ottobre erano dello 0,3% più alti rispetto al mese di settembre, ma rimanevano ancora di un 0,2% più bassi rispetto ai prezzi al consumo di ottobre 2008.

Sebbene sia tecnicamente accurata, la pratica di citare i ribassi annuali dell'indice dei prezzi al consumo è molto fuorviante. Ciò che è realmente accaduto è che il CPI è decresciuto in maniera straordinariamente veloce negli ultimi 3 mesi del 2008. Ma questo crollo è terminato nel dicembre '08 e da quel momento in poi l'indice è cresciuto quasi in ogni mese. Limitandosi a guardare i dati dell'indice, i prezzi al consumo sono cumulativamente cresciuti del 2,8 per cento questo anno, e il dato è basato esclusivamente sui primi 10 mesi.

Dopo il 16 di dicembre il Governo rilascerà anche i dati del mese precedente. A quel punto avremo superato il forte crollo dei prezzi della fine del 2008; ciò vuol dire che la comparazione annuale si sposterà in territorio positivo. Ad esempio, se i prezzi di novembre saranno cresciuti rispetto ad ottobre con un tasso simile alla media di quest'ultimo anno, il Bureau of Labour Statistics ci informerà che i prezzi al consumo sono aumentati dell'1,7% rispetto a novembre 2008.

Il vero divertimento arriverà a metà gennaio, quando il BLS dovrà diffondere i dati di dicembre. A quel punto il crollo verticale dell'indice dei prezzi al consumo delle ultime settimane del 2008 sarà pesato nella finestra dei 12 mesi, e il pubblico finalmente si renderà conto di quanto i prezzi siano aumentati. Inoltre se consideriamo le impennate medie dei prezzi del 2009, il governo a gennaio dovrà riferire che l'indice al consumo del dicembre 2009 sarà del 2,7% più alto rispetto a quello dell'anno precedente. Sebbene si tratterà di un orizzonte temporale di due mesi, il pubblico si accorgerà che non ci troviamo più in una situazione di deflazione, realizzando che i prezzi stanno aumentando da diverso tempo.

É altrettanto vero che un aumento annuo del 3 per cento nell'indice dei prezzi al consumo non è un dato che faccia perdere il sonno. In ogni caso credo che ciò che ha prevenuto il panico totale nei mercati finanziari è stato proprio il fatto che gli investitori hanno potuto vedere coi loro occhi che i prezzi non stanno esplodendo. Infatti, molti investitori, probabilmente pensano che siamo ancora in bilico sulla cima di un picco deflazionario. In tal modo, una volta che sarà chiaro che l'indice dei prezzi al consumo sta crescendo di buon passo da un anno, l'incantesimo sarà rotto e coloro che hanno dollari in cassa cercheranno una via d'uscita. Se e quando inizierà questa fuga dal dollaro, le banche seguiranno questa tendenza forti delle loro riserve in eccesso di più di mille miliardi di dollari [*3], e a quel punto Bernanke avrà una bella gatta da pelare.


Problemi per il campo deflazionario

Ho parlato con molte persone molto conosciute e che si sono pronunciate a favore dell'ipotesi deflazionaria. In particolare, persino molti ferventi sostenitori della scuola austriaca e di Ron Paul, tra cui Vijay Boyapati, hanno dibattuto con me sull'argomento. Non ho intenzione di additare queste persone come idioti o ignoranti della teoria monetaria austriaca; non lo sono. Preferirei pensare, come molti hanno suggerito, che nonostante gli sforzi di inflazionare di Bernanke, il crollo della bolla degli asset lo abbia seppellito. Non penso che sia quello che sta per succedere.

Da quel che ho dedotto, l'argomento principale della teoria deflazionaria è che, nel nostro sistema economico, nuovo denaro è creato principalmente attraverso la concessione di nuovi prestiti bancari. Poichè le banche si trovano in una situazione di incertezza, sono piuttosto restie a concedere nuovi prestiti. In questo modo, a prescindere da quanto la Fed cerchi di spingere il credito, non assisteremo ad un espansione del potere d'acquisto complessivo fino a quando i consumatori e gli imprenditori elimineranno il gigantesco debito che incombe e diverranno propensi a spendere denaro negli acquisti (piuttosto che utilizzarlo per pagare il debito).

Ma perchè non abbiamo visto crollare i prezzi durante il 2009? Come mostra il grafico sotto, la stretta economica ha colpito le aziende al termine del 2008 e i consumatori poco più tardi, ma è rimasta costante da allora in poi.


Se quindi si suppone che sia la contrazione del credito a guidare il crollo dei prezzi, perchè l'indice dei prezzi al consumo ha toccato il fondo nel dicembre 2008? Recentemente ho partecipato a una conferenza con un gruppo di asset managers, molti dei quali abbracciavano le ipotesi deflazionistiche. Quando ho fatto notare questi aspetti mi hanno risposto che l'indice dei prezzi complessivo è cresciuto, ma che è stato spinto verso questa crescita dai prezzi delle merci. Se ci focalizziamo sul "core" CPI (ovvero l'indice dei prezzi che non tiene conto di energia e cibo), l'indice non è cresciuto molto nel 2009, dimostrando quanto la spesa dei consumatori sia stata debole.

D'accordo, ma analogamente il "core CPI" non è nemmeno crollato sostanzialmente. La ragione per cui molte persone hanno pensato che lo scorso anno ci trovassimo in una trappola deflazionaria è legata al crollo abbastanza repentino di petrolio e altre merci. Come mostra il grafico sotto, se vi limitate a considerare il "core CPI", non notereste un enorme crollo durante la fine del 2008.



É quindi vero che focalizzandosi sul "core CPI" si evitano molti problemi per i deflazionisti, poichè si eliminano i picchi dei prezzi del 2009, ma parallelamente si trascurano anche i crolli nei prezzi al termine del 2008. Perciò i deflazionisti devono ancora spiegare il motivo per cui se la stretta del credito ha imperversato per più di un anno e la conseguenza sarà una deflazione simile a quella giapponese, perchè non ne abbiamo visto ancora alcun segnale?

Conclusione

Dopo aver riesaminato le prove e le teorie offerte dai due campi, credo ancora che le iniezioni di riserve senza precedenti di Bernanke ci porteranno ad una repentina crescita dei prezzi. Questi aumenti potrebbero non mostrarsi attraverso i prezzi degli asset finanziari statunitensi, ma si manifesteranno crudelmente alla pompa di benzina o alle casse dei negozi. Per giunta il genio potrebbe dormire ancora fuori dalla lampada. La sua fuga sembrerà affrettata una volta che i grafici dell'indice dei prezzi al consumo mostreranno un'inflazione moderata.

0 commenti:

Posta un commento