21 dicembre 2009

Mezzo secolo di ingegneria sociale

Il piacere della costruzione pianificata, di un mondo che somigli all'Eden biblico, è alla base della stragrande maggioranza delle scelte governative in ogni campo della nostra vita. Tale propensione è palesata soprattutto in periodi di crisi come il nostro, in cui lo Stato cerca in tutti i modi di proporre le proprie ricette che possano magicamente risolvere ogni problema. Il brano che segue è un estratto del saggio [*1] di Shawn Ritenour scritto dopo il simposio in occasione della diciottesima edizione del manuale Economics di Paul Samuelson e tratta in maniera lucida la tematica della pianificazione centrale. Buona lettura.

Il retaggio finale del manuale d'economia Economics di Paul Samuelson ha permesso di aprire la porta a mezzo secolo di ingegneria sociale. Hans-Hermann Hoppe ha messo in evidenza che l'ideologia socialista prevalente in Occidente non è il puro totalitarismo simile a quello che abbiamo visto in Unione Sovietica o nella Germania nazista. Non è nemmeno una socialdemocrazia egualitaria come quella svedese. No, la forma di ideologia intervenzionista adottata in molti paesi occidentali è una scientifica ingegneria sociale (Hoppe 1989, pagg. 95-125). Dopo aver adottato l'epistemologia empirista diventata popolare grazie al positivismo logico nella prima parte del ventesimo secolo, gli ingegneri sociali e specialmente gli economisti, sembravano appartentemente liberi dalle catene della teoria economica. Si sosteneva che gli unici teoremi economici che potessero essere sottoposti ad analisi scientifica fossero quelli falsificabili. Come tali devono trovare riscontro con dati economici. Poichè le esperienze future possono essere sempre differenti, ogni teoria economica è necessariamente solo un tentativo e quindi ipotetica. Questo modo di pensare ha fatto largo ad un'ingegneria sociale
ad hoc, poichè ogni volta che si è in grado di dimostrare teoreticamente o persino empiricamente che alcune politiche intervenzioniste falliranno nel produrre il risultato sperato, si asserisce che il fallimento del provvedimento è dovuto ad una non controllabile o persino non identificata variabile.

Mentre gran parte del sostegno epistemologico per l'ingegneria sociale contemporanea incarnata nelle analisi politiche derivi dagli elaborati di Milton Friedman sul positivismo economico, la popolarità di massa di questo intervenzionismo accidentale ha le sue radici nel più conosciuto testo di economia del ventesimo secolo,
Economics di Samuelson. Infatti, si può ragionevolmente riconoscere che il testo di Samuelson sia uno sforzo per proporre la visione progressista dell'amministrazione scientifica di Richard Ely e Thorstein Veblen, rendendola applicabile ad uno scenario post Seconda Guerra Mondiale (Nelson 2001, pagg. 35-112). La visione storicista della teoria economica, porta Samuelson ad adottare questo genere di approccio alle politiche economiche. Abbiamo già specificato che egli fa una distinzione tra le politiche adottabili durante la piena occupazione e tra politiche applicabili in periodi di disoccupazione e depressione.

In un'economia con piena occupazione, espandere la spesa pubblica allo scopo di ampliare lo stato o impegnarsi in politiche fiscali richiede scelte serie. In una realtà simile, Samuelson ammette che le intuizioni che ci vengono fornite dall'economia classica sono valide e di gran affidabilità (PAS, pagg. 161-65). Finanziare una crescente spesa pubblica attraverso un aumento dell'imposizione fiscale redistribuisce semplicemente ricchezza, non la aumenta. Prendere in prestito denaro per finanziare un bilancio statale più pesante sortisce essenzialmente gli stessi effetti. L'inflazione porta con sè le note [*2] conseguenze negative, che comportano la distruzione del potere d'acquisto della moneta.

Comunque, nell'economia moderna, caratterizzata dalla disoccupazione, le cose funzionano molto diversamente. Come afferma Samuelson, "Le politiche che risultano economicamente controproducenti in una realtà di piena occupazione, possono essere l'apice della saggezza in un periodo di lunga e prolungata disoccupazione" (PAS, pagg. 165-66). La ragione di questo capovolgimento, secondo Samuelson, è dovuto al fatto che in un mondo in cui non c'è piena occupazione ci sono per definizione risorse inattive pronte per essere impiegate. Poichè tali risorse inattive sono disponibili ad essere utilizzate, la scarsità non è una costrizione vincolante quando la disoccupazione abbonda.

Troviamo tracce dell'approccio di Samuelson nel lavoro del popolare economista e colonnista del NYT Paul Krugman. Per fronteggiare la depressione il Giappone durante gli anni '90 lui invocava l'abbandono delle politiche economiche dell'economia "ortodossa", mettendo in atto massicce dosi di inflazione monetaria perchè tempi duri richiedono decisioni drastiche (Krugman 1999). Samuelson paragona l'economia di libero mercato del mondo moderno ad una macchina senza sterzo e senza un guidatore. Abbiamo bisogno di periodiche correzioni di direzione e di accelerazioni e decelerazioni. Perciò possiamo costatare che la popolare nozione moderna di economia "surriscaldata" è essenzialmente attribuibile a Samuelson.

Cosa di specifico richiede Samuelson in una realtà caratterizzata dalla disoccupazione? Una politica controciclica dalle varie facce. Usare i lavori pubblici per raggiungere la piena occupazione è ovviamente raccomandabile (PAS, pag. 411). In aggiunta, in periodi di disoccupazione è necessario gonfiare la spesa statale, anche se tale scelta dovesse comportare la necessità di prendere soldi in prestito. Tali proposte economiche rimangono plausibili poichè si suppone che il PIL degli Stati Uniti cresca sempre. Infatti Samuelson afferma spudoratamente che poichè abbiamo una costante crescita economica nel lungo termine, "non c'è nessuna ragione tecnica e finanziaria per cui una nazione fanaticamente devota alla spesa pubblica in disavanzo non debba perseguire questa politiche per il resto delle nostre vite e anche oltre" (PAS, pag. 433).

Dovrebbe essere chiaro, comunque, che ci sono delle buone ragioni per evitare una perpetua spesa pubblica in disavanzo. Questo genere di spesa richiede l'intrusione del governo all'interno del mercato dei capitali (
il mercato finanziario in senso stretto, a cui partecipano società, enti sovranazionali ed autorità pubbliche, ndt). Come la richiesta immediata di denaro in cambio di guadagni futuri aumenta, lo stesso vale per i tassi d'interesse, rendendo più difficile per gli imprenditori ottenere finanziamenti da parte degli investitori. Questo consumo di capitale guidato dal governo avrà come risultante una diminuzione della produttività lavorativa, accompagnata da una diminuzione della domanda di lavoro, che esaspererà ulteriormente tutti i problemi legati alla disoccupazione.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

http://www.corriere.it/politica/09_dicembre_21/apologia-violenza-internet_6ec8e7d6-ee2c-11de-9127-00144f02aabc.shtml

mamma mia

Nicolò ha detto...

Ecco appunto, a proposito di ingegneria sociale :)

P.S.: Anonimo firmati la prossima volta...

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