11 dicembre 2009

"Una guerra giusta"

É passata poco più di una settimana dall'ultimo articolo, ma i fatti di questi giorni lo rendono tuttora attuale e in un certo senso profetico [*1]. Il presidente statunitense ha infatti da poco ricevuto l'ambito Nobel per la Pace, seguendo le orme di altri illustri statisti come Al Gore e Kissinger, personaggi che hanno lasciato la propria impronta indelebile (molto probabilmente simile a un'unghia bipartita) nella storia. Il discorso che Obama ha pronunciato [*2] durante l'assegnazione pare un estratto del romanzo orwelliano "1984", ed è facilmente riassumibile utilizzando uno dei tre celebri slogan del Partito: "la guerra è pace". Un motto che, oltre a rappresentare efficacemente il meccanismo psicologico del bispensiero, significa anche che per la nuova età, caratterizzata dagli Stati moderni, la guerra è l'essenza della vita, la condizione necessaria per la loro esistenza e per il manenimento del sistema economico inflazionistico, come lo era la pace nei tempi antichi. La guerra è necessaria ad usare i prodotti della macchina industriale corporativa, che si allatta costantemente dalla mammella dello stato, così da poter tenere in moto gli ingranaggi ma abbassando costantemente il tenore di vita. Una devozione fanatica al partito dominante si trova più facilmente tra coloro che sono materialmente privati. Un esempio ne è lo stesso Obama, che in tempi non sospetti (o meglio, in cui non si volevano ascoltare determinate opinioni) costituiva una speranza per tutto il popolo americano, in ginocchio per la crisi economica.

La guerra di cui parla Obama non è esclusivamente contro l'Afghanistan, bensì non è errato considerare anche il Pakistan, poichè le notizie dal fronte ridisegnano i confini del teatro di guerra, che comprende i due stati. A inizio novembre si contavano in totale 45 attacchi missilistici contro il territorio pakistano [*3]. Una guerra tenuta mediaticamente ben nascosta ma che può essere definita tale a tutti gli effetti, visto che vengono impiegati droni [*4] e militari [*5]. Ovviamente come ogni guerra giusta che si rispetti ha anche il suo cospicuo numero di morti fra i civili [*6]. Le 30.000 truppe in Yeswecanistan non sono l'unico motivo di vanto all'interno del Curriculum Vitae del presidente Obama. Giovedì scorso, alla Convention per le armi biologiche, gli States, per bocca del Sottosegretario di Stato per il controllo degli armamenti e la sicurezza internazionale, Ellen Tauscher, non si sono mossi di un centimetro dalle posizioni del vecchio governo Bush (salvo scrivere un discorso dai toni meno duri), rifiutando qualsiasi revisione del protocollo di verifica della Convezione [*7 - *8].

L'unica differenza sensibile per il momento è la reazione della piazza. Le bandiere arcobaleno sono sparite dalla scena.


2 commenti:

Marco M ha detto...

http://www.youtube.com/watch?v=FgyHmsnlpc8

Non c'è altro da aggiungere.

ps: nel riportare il tuo post su pressante, ho sostituito il link 4 con un corrispettivo in italiano, questo:
http://it.peacereporter.net/articolo/19266/La+guerra+dei+droni

Nicolò ha detto...

"And the slogans are replaced, by-the-bye
And the parting on the left
Is now the parting on the right"


Interessante scelta quella della canzone, Marco.
Per la pubblicazione nessun problema, anzi, mi fa piacere che l'articolo sia su pressante.

Un saluto e buon lavoro

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