9 giugno 2010

Mi scusi, Segretario

Quotidianamente abbiamo occasione di assistere alle fregnacce dei politici nostrani. Gli eletti adattano continuamente il loro pensiero, sostenendolo con tesi al limite dell'assurdo, con il solo scopo di far passare determinati provvedimenti che si rivelano sempre dannosi per gli individui che non possono mungere la mammella statale. Tralasciando i palchi secondari, l'amministrazione che costituisce l'esempio più lampante di questi castelli di carta costruiti per sostenere riforme liberticide, è certamente quella che ha come comandante in capo Barack Obama. Il reale bersaglio dell'azione politica è ormai la libertà individuale, che ovviamente comprende anche il potere di disporre di un bene, ovvero la proprietà. Se lo Stato prende gradualmente dal proprietario il potere di disporre, attraverso l'espansione della sua influenza sulla produzione; se cresce il suo potere di determinare quale direzione la produzione debba prendere e quale tipo di produzione debba esistere, allora al proprietario non rimane nulla all'infuori del nome vuoto di proprietà, e la proprietà è passata nelle mani dello Stato. L'articolo che segue, di Clifford F. Thies, è una lucida dimostrazione della tesi appena esposta.

In risposta a una domanda del Brooking Institute, il Segretario di Stato Hillary Clinton, ha osservato:
Il Brasile è il paese nell'emisfero occidentale con il più altro tasso di pressione fiscale rispetto al PIL e, indovinate, sta crescendo velocemente. I ricchi stanno diventando più ricchi, ma stanno spingendo molte persone fuori dalla soglia della povertà. C'è una certa formula laggiù, che funzionava anche per noi fino a quando non l'abbiamo purtroppo abbandonata.
I socialisti sono sempre impegnati a fare affermazioni del genere. In alcuni posti, in alcuni periodi, l'acqua è stata vista risalire la corrente, o almeno così sembra, ed - ecco! - le leggi economiche vengono tutte defenestrate. Prima di tutto, un'osservazione non prova nulla. L'economia non funziona in questo modo. La signora Clinton sta semplicemente dimostrando quanto sia ignorante in materia di scienza economica. Qual è la sua teoria, Signora Segretaria, della relazione tra le politiche fiscali e la crescita economica, e cosa ci dimostrano tutti i dati? L'economia non è la climatologia. Non nascondiamo i dati sconvenienti. In secondo luogo, la teoria economica non dice molto sulla percentuale di "pressione fiscale" in rapporto al PIL e sulla crescita economica. Ci sono diverse ragioni. Le elencherò brevemente e dedicherò spazio ad una quinta motivazione.
  1. Gli incassi generati dalla vendita di prodotti e servizi da parte delle imprese governative sono categorizzati come introiti erariali? Certamente, se il Brasile include le vendite di greggio come incassi del fisco e il Messico non lo fa, i paragoni della pressione fiscale rispetto al PIL in funzione della crescita economica non hanno senso.
  2. Quale parte della spesa pubblica è finanziata dall'emissione di titoli di stato, quale dall'emissione di moneta e quale dalla tassazione? Certamente, se gli Stati Uniti finanziano metà della spesa del governo federale attraverso l'emissione di titoli governativi e il Brasile ha un budget bilanciato, questa comparazione fra tasse e crescita economica non ha senso
  3. Fino a che punto le assicurazioni sociali coinvolgono la sussidiazione incrociata? Chiaramente, se il Cile ha la previdenza sociale privatizzata e gli States un sistema egalitario di previdenza sociale, questa comparazione non ha senso.
  4. Fino a che punto le tasse sono raccolte attraverso aliquote basse e su base ampia? Se il Brasile ha sostanzialmente appiattito la propria struttura fiscale, in modo tale da recuperare la maggior parte delle proprie entrate erariali da basse aliquote applicate uniformemente alle attività economiche, e gli Stati Uniti esentano i lavoratori a basso reddito dalla tassazione federale e applicano le aliquote più alte al mondo su chi ha il reddito più alto, questa comparazione non è senza senso, ma certamente, non è lineare.
Per via delle motivazioni elencate, coloro che hanno sviluppato l'indice di libertà economica del Fraser Institute non tengono conto della pressione fiscale in funzione del PIL per calcolare il loro indice. Essi tengono conto del rapporto della spesa pubblica rispetto al PIL e dell'aliquota d'imposta marginale. Le 4 obiezioni di cui sopra sono importanti, ma ciò su cui voglio focalizzare l'attenzione è la differenza tra il livello del PIL e tra il tasso di crescita del PIL. Gli Stati Uniti hanno avuto per tanto tempo un'economia di libero mercato. Come indicato dall'indice di libertà economica del Fraser Institute, in una scala da uno a 10, gli USA sono passati dal 7 degli anni Settanta fino ad un abbondante 8 del 2000. In seguito, durante l'amministrazione del Presidente george W. Bush, di Tom De Lay e del Presidente del Senato Ted Stevens, la libertà economica è diminuita durante il primo decennio del XXI secolo. Non appena il grafico verrà aggiornato per il nostro attuale leader, il Great One, diminuiranno ulteriormente.

Ora passiamo al Brasile. Quarant'anni fa il Brasile aveva un'economia mista, con elementi di socialismo populistico e di fascismo. Non sorprendentemente era quindi un'economia povera. In seguito, nella seconda parte degli anni Ottanta, il paese iniziò a varare riforme economiche. In particolare sostituì la propria scellerata corsa inflazionistica che andava avanti da diverse decadi, con una nuova e relativamente stabile moneta. Abbracciò anche la tendenza a privatizzare le imprese di stato, liberare il commercio internazionale, togliere i paletti all'economia domestica e ad abbassare le aliquote marginali. Per quel che riguarda le aliquote, quelle del Brasile sono più basse rispetto a quelle statunitensi (sebbene del rapporto del Fraser Institute del 2007 abbiano lo stesso valore). In Brasile le aliquote individuali e le imposte sulle società sono rispettivamente del 27,5 e del 25%, mentre negli Stati Uniti, sono attorno al 35%. Il motivo per cui il Brasile può ricavare maggiori introiti in rapporto al PIL con aliquote marginali più basse è dovuto al fatto che, come ho detto sopra, la relazione fra le due voci non è lineare. Dal punto più basso risalente alla metà degli anni '80, il Brasile è velocemente cresciuto, raggiungendo recentemente quota 6. Quindi, cosa vi aspettate accada alla crescita economica in Brasile? Continuerà nella sua forte crescita economica e se sostenuto da riforme del mercato marcerà spedito in questa direzione? Certo che si! L'acqua non scorre verso la sorgente in Brasile. Sta andando nella stessa direzione in cui le leggi dell'economia dicono che dovrebbe scorrere.

L'indice della libertà economica è tuttora più basso in Brasile rispetto agli Stati Uniti, e gli standard di vita, misurati in PIL pro-capite, rimangono più bassi. Ma ci sono un sacco di ragioni per essere ottimisti in quel paese. Ricerche dimostrano che il libero mercato e l'economia di mercato godono di un consenso più grande in Brasile che negli Stati Uniti. Il Brasile, assieme all'India, continua a promuovere il Doha round nelle negoziazioni sul commercio internazionale, dopo che l'Europa e gli Stati Uniti avevano smesso da tempo. Non chiedetemi nemmeno di parlare delle comunità aziendali che stanno emergendo nelle repubbliche dell'America Latina e in altre zone del mondo che hanno promosso riforme orientate al libero mercato.

Oh, un'ultima cosa. Il Brasile non ha il rapporto più alto di pressione fiscale rispetto al PIL nell'emisfero occidentale. Il primato spetta a Cuba.

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