27 luglio 2011

Il Potere, lo Stato e l'individuo

Questo blog riprende da oggi la sua produzione, pubblicazione e traduzione di articoli, a cadenza del tutto casuale. Per inaugurare questo nuovo inizio, ecco un articolo di Jonathan M.F. Catalàn, che analizza il modello panottico come meccanismo di potere nella società contemporanea. L'architettura del Panopticon stravolge gli antichi modelli, in cui la figura non si cala più all'interno della società dall'alto, ma la pervade da dentro e fa nascere una serie di relazioni di potere multiple.

Recentemente mi sono impegnato nella lettura di "Sorvegliare e punire" di Michael Foucault, libro pubblicato nel 1975. Il capitolo di maggior rilievo è quello riguardante il panoptismo, ovvero una teoria sociale che analizza il potere e in che modo le strutture del potere evolvono e si manifestano nella società. Il nome deriva dal "Panopticon", il progetto di carcere ideale di Jeremy Bentham. Foucault lo adotta come metro di paragone ideale per descrivere le caratteristiche delle relazioni di potere. Le conclusioni a cui egli giunge sono certamente opinabili e non è nel mio interesse discutere questo particolare aspetto del suo lavoro. In ogni caso ritengo che la sua descrizione dell'apparato del potere debba essere seriamente presa in considerazione.

Il Panopticon è un edificio costituito da una torre centrale, con diverse ampie finestre rivolte verso il suo centro. La torre è occupata da coloro che possiamo considerare le guardie. Attorno a questa torre c'è un edificio periferico, composto esclusivamente da celle. Ogni cella contiene un individuo e non c'è nessun mezzo che consenta la comunicazione tra di loro. Ci sono due finestre per ogni cella, una rivolta verso l'esterno (in modo tale che coloro che stanno fuori possano vedere cosa accade nel Panopticon) e una verso l'interno. Le finestre della torre sono allineate con le finestre interne dell'edificio periferico, in modo che ogni guardia possa monitorare ciò che ogni prigioniero sta facendo. Comunque, nonostante le guardie possano vedere i carcerati, gli stessi non possono vedere le guardie (immaginate un vetro a specchio). Foucault scrive,
Il meccanismo panoptico ordina unità di spazio che rendono possibile un monitoraggio continuo e un istantaneo riconoscimento. In breve, capovolge il principio della prigione stessa, o piuttosto delle sue tre funzioni, di rinchiudere, privare della luce e nascondere; preserva solo la prima delle tre e elimina le altre due. La piena illuminazione e l'occhio di un supervisore catturano meglio del buio, che in definitiva protegge. La visibilità è una trappola.
Lo scopo del Panopticon non è solo quello di isolare gli individui. Piuttosto è quello di monitorare e in definitiva controllare le azioni dei prigionieri. "La visibilità è una trappola", ovvero i prigionieri sono coscienti di essere monitorati.
Quindi l'effetto preponderante del Panopticon è quello di indurre il carcerato ad uno stato di conscia e permanente visibilità, aspetto che assicura il funzionamento automatico del potere.
L'autorità è visibile, ma non verificabile. In altre parole, i prigionieri sanno che dall'altro lato della finestra rivolta verso l'interno della costruzione c'è un'autorità, tuttavia tale concetto rimane astratto. Essi non possono vedere coloro che stanno maneggiando il potere. Quindi l'autorità rimane ignota. Questo aspetto è importante, come spiega Foucault:
Si tratta di un meccanismo importante, poichè automatizza e disindividualizza il potere. Tale potere non ha il suo principio in una persona ma in una determinata distribuzione di corpi, superfici, luci e sguardi; in una disposizione in cui i meccanismi interni producono le relazioni di cui gli individui sono ostaggio. Le cerimonie, i rituali, i simboli in cui gli eccessi di potere del sovrano si manifestano non hanno utilità. Esiste un meccanismo che assicura asimmetria, squilibrio, diversità. Di conseguenza non importa chi esercita il potere. Ogni individuo, preso anche casualmente, può far funzionare il meccanismo: in assenza del direttore, la sua famiglia, i suoi amici, i suoi ospiti e persino i suoi servi (Bentham, 45). Analogamente non è rilevante ciò che lo motiva: la curiosità dell'indiscreto, la malizia di un bambino, la sete di conoscenza di un filosofo che desidera visitare questo museo della natura umana o la perversione di chi desidera spiare e punire. Più il numero di questi anonimi e temporanei osservatori è alto, più grande è il rischio che il carcerato venga scoperto e più grande è la sua ansiosa consapevolezza di essere osservato. Il Panopticon è una macchina meravigliosa che, qualunque utilizzo ne voglia fare chi ne dispone, produce un effetto omogeneo di potere.

Una soggezione reale viene meccanicamente prodotta attraverso un legame fittizio. Quindi non è necessario utilizzare la forza per costringere il detenuto ad un buon comportamento, il matto alla calma, il lavoratore al lavoro, lo scolaro alla dedizione, il paziente all'osservanza delle regole. Bentham fu sorpreso che le fondamenta del Panopticon potessero essere così leggere: non c'erano più sbarre, non c'erano più catene o pesanti lucchetti; tutto ciò che era necessario era che le separazioni fossero chiare e le aperture ben definite.
Il nocciolo del discorso di Foucault è che la natura di chi maneggia il potere è irrilevante. Il potere non nasce da determinate caratteristiche dell'individuo. Piuttosto, le relazioni di potere sono stabilite dall'apparato stesso. Come menzionato precedentemente, egli arriva alla conclusione che questo è il meccanismo che si sviluppa in ogni sistema gerarchico che nasce cono lo scopo di controllare il comportamento di chiunque si trovi al suo interno. Egli porta come esempi scuole, ospedali e fabbriche. Riguardo questo particolare aspetto della teoria di Foucault, vi lascio giungere alle vostre conclusioni (sebbene è giusto ricordare che c'è differenza tra le istituzioni private, che non si basano sul monopolio della violenza, e lo stato che forza le persone a questo genere di relazioni). Ma, se applicato allo stato, ritengo che il "Panopticon" di Foucault fornisce una razionale interpretazione di come opera e come si relaziona nei confronti dell'individuo.

Per porre fine allo stato è necessario smantellare questo particolare meccanismo di potere.

2 commenti:

Francesco Simoncelli ha detto...

Un ritorno in grande stile ;)

Nicolò ha detto...

Ciao Johnny!
É sempre un piacere leggerti, sia qui che, soprattutto, su Freedonia.

Un saluto!

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