28 marzo 2012

Confisca dell'oro, inflazione e banchieri virtuosi

Nei primi anni Ottanta negli Stati Uniti andavano di moda titoli obbligazionari con un rendimento elevatissimo ma che costituivano anche un alto rischio per chi vi investisse. Tali titoli venivano emessi da società che a causa del loro elevato indebitamento erano disposte a pagare altissimi tassi di interesse pur di ottenere del denaro. Ovviamente il rischio di fallimento era altrettanto elevato, con la conseguenza che anche il capitale dell'investitore sarebbe finito in fumo. Da diversi anni gli stati europei hanno pensato bene di far tornare in voga questo genere di investimenti, emettendo titoli di stato, che, a differenza delle aziende private, non vengono presentati come ad alto rischio ma bensì a rischio praticamente nullo. Il risultato drammatico lo stiamo vedendo in Grecia e veramente a breve anche sul suolo italico. Purtroppo i burocrati, nonostante abbiano trovato il modo di duplicare magicamente le banconote, non sono ancora riusciti a fare altrettanto con gli altri beni (ammesso che il denaro, che non ha alcun genere di corrispondenza con una riserva di valore, possa essere ancora annoverato tra i beni). In compenso però in Turchia stanno cercando una soluzione che non prevede alcuna duplicazione magica, ma più semplicemente un meccanismo che se fosse perpetrato da un privato verrebbe etichettato come truffa e perseguito dalla legge, mentre nel caso dello Stato è un'operazione necessaria al bene comune dei figli e dei nipoti:


Quando si riuniscono i grandi banchieri centrali del mondo, come hanno fatto questo fine settimana durante la conferenza della Fed a Washington, gli aspetti ironici abbondano sempre. Da un lato c'era il governo della Turchia che aveva appena proposto un piano per spingere il proprio popolo a convertire il loro oro fisico in cambio di "certificati", un primo passo volontario verso quello che potrebbe diventare un processo di confisca dell'oro. Sullo sfondo c'era la Fed, che a gennaio aveva promesso di mantenere i tassi di interesse ai minimi storici fino al 2014, qualsiasi cosa accadesse, dopo aver acquistato 2,3 trilioni di dollari in obbligazioni. In primo piano ecco le stampanti di denaro europee e giapponesi.
"Se i tassi di interesse bassi favoriscono i progetti di investimento che sono redditizi solo a tali livelli, questo potrebbe avere un impatto negativo sulla produttività e la crescita...", ha affermato Masaaki Shirakawa, il Governatore della Banca del Giappone, nonché il campione della monetizzazione del deficit e dei tassi di interesse molto bassi. Egli era preoccupato, ha affermato, degli "effetti collaterali", quali l'aumento dei prezzi delle materie prime - dopo che aveva annunciato a metà febbraio che la BOJ avrebbe stanziato altri 10 trilioni di Yen (128 miliardi di dollari) per l'acquisto di asset nel 2011. E in seguito abbiamo appreso che i membri del consiglio si sono preoccupati che questa scelta avrebbe potuto esser considerata una monetizzazione del deficit giapponese. Uhm, si. Per non essere da meno, Jean Claude Trichet, ex presidente della BCE, ha piagnucolato anche lui. Sotto la sua guida, la BCE aveva acquistato titoli sovrani scadenti dell'Eurozona, nonostante un trattato lo vieti esplicitamente. Ora egli è preoccupato che questi acquisti di bond da parte dei banchieri centrali siano diventati parte di un nuovo "regime permanente", che potrebbero causare un "contagio comportamentale", qualcosa che in realtà è già accaduto. "Penso che dobbiamo riflettere su questo aspetto", ha detto in ritardo.
Tornando alla Turchia: hanno trovato una soluzione diversa per il proprio deficit di bilancio fuori controllo. Come quello del Giappone, degli Stati Uniti e di altri paesi, il deficit turco, pari al 10% del PIL, è diventato parte integrante del "regime permanente". Ma piuttosto che affrontarlo in maniera onesta e dura - tagliando la spesa e aumentando l'esazione fiscale - la Turchia è alla ricerca di alternative. Da qui il piano per confondere i propri cittadini al fine di sottrarre loro le scorte di oro fisico in cambio di quelli che sarebbero certamente dei bei certificati. E come un incentivo addizionale, i conti di deposito di oro guadagnerebbero un interesse. Quando mi trovavo in Turchia nel 1997, i soldi in tasca erano un batuffolo di lire turche che comprendevano banconote da 1 milione di lire. Anche i mendicanti potrebbero essere milionari. E coloro che hanno speso il loro ultimo milione in oro (i gioielli erano i più gettonati) non avrebbero mai dimenticato quanto intelligente fosse stata quella decisione. Non solo il prezzo dell'oro, a quel tempo pari a 300 dollari l'oncia, cominciò di nuovo a crescere, ma anche il valore della lira si sarebbe dissipato con l'iper-inflazione.
Il 1° gennaio del 2005 il governo ha rivalutato la moneta da 1 milione di lire a 1 Nuova lira Turca e ha emesso nuove banconote e monete. Poi il 1° gennaio 2009, il governo ha nuovamente messo in circolazione nuove banconote e monete, ma togliendo New dal nome. Esse hanno un aspetto diverso e omettendo New ha certamente ispirato fiducia e ha aiutato le persone a dimenticare il fiasco della vecchia lira. L'inflazione a febbraio era del 10,4%. Il rendimento dei bond a due anni è vicino al 10%. Lo scorso anno la lira è crollata del 20% rispetto al dollaro. Non c'è da meravigliarsi se i turchi non si fidano del denaro cartaceo, a prescindere da come venga vestito dal governo. Così hanno raddoppiato i loro acquisti di oro fisico nel 2011, secondo il World Gold Council. Il loro tasso di risparmio è il più basso degli ultimi 30 anni. Essi stanno prendendo in prestito e spendendo lire e stanno comprando oro custodendolo nelle loro case. Una grande quantità. Tra i 150 e i 300 miliardi di dollari, secondo le stime del governo - risparmi che non fanno parte del "tasso di risparmio".
Se il governo mette le sue mani su questo tesoro, diciamo, 200 miliardi di dollari in oro del suo popolo, potrebbe trasferirlo nel mercato internazionale e procrastinare il problema del deficit in un futuro meno prossimo. E nella peggiore delle ipotesi può fare dei propri certificati quello che ha fatto la Grecia coi propri titoli. Il che fa sorgere il dubbio alla gente su chi abbia consigliato questo progetto. La Goldman Sachs? Ma i turchi hanno visto cosa è successo alla porta accanto: "Noi dovevamo pagare affinché liberassimo i nostri figli e i nostri nipoti dal peso di questo debito", ha affermato il Ministro delle Finanze greco Evangelos Venizelos dopo l'accordo di bond swap, un default che ha colpito gli investitori del settore privato con una perdita del 72%: Mentre tutti meno gli obbligazionisti applaudivano, lo spettacolo horror greco continuava inesorabilmente. 

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