12 marzo 2006

Mala tempora e mala television

(fonte: espressonline.it, "2006 fuga dalla tivù" - di Denise Pardo)

Mala tempora e mala television. Alla Rai, capace di trascinare nel baratro degli ascolti persino il gioiello della stagione tv e del pubblico Amarcord, cioè Sanremo, ridotto quest'anno al peggior festival della nostra vita. A Mediaset, capace di far balzare in testa all'Everest del trash, il totem del pubblico giovane e scafato, cioè il 'Grande Fratello', reality principe, quest'anno arrivato al massimo della sua espressione artistica con l'uso da parte delle signore concorrenti dello spazzolino da denti come misuratore di peniche lunghezze. Una mala television così incapace (o volontariamente distratta?) dal non intuire l'impatto e i risultati di ascolto di un evento sano, non corrotto ed esteticamente perfetto come le Olimpiadi, salito a vertiginosi picchi di share con il pattinaggio su ghiaccio. A dimostrazione che il talento e l'impegno pagano. Anche in termini di spot. Di male in peggio. Cinque anni di mal governo, cinque anni di mala television. Che ha spazzato via, da viale Mazzini come da Cologno Monzese, un'intera generazione di professionisti della tv, cacciati dall'azienda o rinchiusi in cantina ad ammuffire. Da Carlo Freccero a Paolo Francia, a Giovanni Minoli visibile solo all'ora delle streghe, in Rai. Da Giorgio Gori a Roberto Giovalli, sotto il segno del Biscione. Sostituiti da una pletora di uomini del Cavaliere, Fabrizio Del Noce, capo di Rai Uno in testa, e di Piersilvio Berlusconi, delfino del Cavaliere, perfettamente indottrinati e integrati nel disegno di non disturbare il manovratore ovvero il perfetto inciucio rappresentato dal duopolio. La Rai non deve infastidire Mediaset: episodi esemplari Paolo Bonolis, record di share del Sanremo 2005 e di 'Affari tuoi', passato a un programma in seconda serata a Canale 5; la scomparsa da Raiuno di 'Novantesimo minuto' con oltre il 30 per cento di share per fare spazio all'interno di 'Buona domenica' a 'Serie A' al 21,39 circa. Soprattutto, Mediaset deve macinare soldi, senza sperimentare, ma spremendo al massimo tutti i vecchi format scelti e individuati proprio dai dirigenti fatti fuori. In barba alla qualità, all'innovazione, al servizio pubblico. Cieca come la fortuna, la mala television generalista degli anni berlusconiani sbaglia le previsioni commerciali: alla Rai pubblicità sottovalutata per Torino 2006, pubblicità sopravalutata per Sanremo 2006. Toppa le scelte artistiche: un comico come Giorgio Panariello riciclato a conduttore, una brava e bella figliola come Alessia Marcuzzi che arranca e confonde nel momento di maggior suspense del reality di Canale 5, le mefitiche nomination. Mentre gli ascolti di anno in anno si contraggono di poco, ma senza pietà, il terzo litigante gode. L'avvento del satellite diventa il rifugio della lenta e inesorabile frana di un pubblico ricco, per lo più colto e appettibile da un punto di vista pubblicitario. In cinque anni la tv generalista ha perso un milione e 375 mila spettatori. Nel giorno medio è andata indietro di oltre 5 punti. Nella prima serata segna meno 4,80. Più o meno, gli share guadagnati dalle reti satellitari. Il tutto in nome di una rappresentazione televisiva di cui ogni tanto si crede di aver visto e toccato il fondo. E che invece continua a scavare in basso un tunnel a due corsie. Una più inquietante dell'altra. Da una parte, una brutta televisione che priva degli strumenti per guardare al futuro, pesca nel passato. è tornato come salvatore della patria a viale Mazzini il baldanzoso Pippo Baudo, grande presentatore della terza età, testimonial del fulgore democristiano della Rai che fu, il quale ogni domenica sfida l'altrettanto giovanile Maurizio Costanzo, e lo batte. Ha guadagnato il settimo piano di viale Mazzini un altro templare della nostalgica tv dorotea: Alfredo Meocci, direttore generale dimezzato e in bilico tra compatibilità e incompatibilità, supremo disinnescatore, maestro dell'arte democristiana dell'immobilità. Indimenticabile la puntata di 'Porta a Porta' condotta dal 'giovane' anchorman Bruno Vespa, radici dorotee anche lui, in omaggio all'ottantenne Mike Bongiorno in preda a deliziosa lacrimazione, corteggiato da Meocci che lo pregava: "Torna a casa Mike, torna in Rai". Lo stesso Mike, chiamato per uno spot a rianimare Sanremo, dove fra gli ospiti sul palco faceva la sua arzilla comparsa il novantenne Arnoldo Foà che con ironia commentava: "Siete ridotti proprio male se avete chiamato me".Una tv vecchia, in bianco e nero, perfetta per i formidabili anni Ottanta del Caf, da una parte. Dall'altra, una tv 'de paura', dove l'interpretazione dei linguaggi e dei modelli comportamentali acchiappagiovani passa attraverso il reality nelle sue infinite declinazioni sempre più spinto, sempre più trans "Nel superamento di limiti considerati fino a un attimo prima invalicabili, in una corsa che non può eludere gli interrogativi sulla qualità del prodotto televisivo", come scrive nel libro 'Un programma di' Paolo Taggi, critico e saggista, professore alla Cattolica di Milano. Se il 'Grande Fratello' prima edizione ha fatto scandalo per due concorrenti finiti nello stesso letto, l'urlo di Fefé, uno dei protagonisti dell'edizione 2006 ("È di du'palmi"), dando interessanti notizie sulla lunghezza del suo genitale, non fa sobbalzare nessuno. Se Bonolis faceva arricciare il naso quando si faceva toccare il sedere per portare fortuna alle eccitate casalinghe chiamate a giocare, cosa dire oggi del Pupo Style, suo successore ad 'Affari tuoi', che si adegua al tono dei talk show televisivi urlando come un ossesso, saltando per blandire la buona sorte con le mani contratte nell'amato gesto italico delle 'cuorna'? E come commentare i pasti prescelti per gli sciagurati volontari della 'Talpa' o 'La Fattoria' a base di fango e vermi o lo sfruttamento dei litigi tra gentiluomini come Al Bano e Enzo Paolo Turchi e l'annuncio della separazione in diretta tra Al Bano e Loredano Lecciso, tutte star dell''Isola dei famosi'? Mala television generalista, dura a morire. Ma facile da indebolire a poco a poco , inesorabilmente.

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