29 maggio 2006

Armi italiane ai signori della guerra

(fonte: malberizzi@corriere.it)

Già in precedenza avevo denunciato l'insostenibile situazione politica e sanitaria in Somalia, oggi sul Corriere vengono documentati nuovi sviluppi. Le accuse dell’Onu sono durissime: «L’Italia lo scorso autunno ha fornito materiale militare al Governo Federale di Transizione somalo (Tfg), violando l’embargo imposto dal Consiglio di Sicurezza». Assieme all’Italia il rapporto del gruppo di investigatori incaricato dall’Onu di monitorare le violazioni alle forniture d’armi (di cui il Corriere ha ottenuto una copia) cita Gibuti, Eritrea, Etiopia, Arabia Saudita e Yemen. Riguardo le forniture da parte dell’Italia, il rapporto è assai dettagliato: cita le date in cui sono state spedite, (tra il 12 e il 16 ottobre 2005 e il 14 dicembre dello stesso anno), il porto e l’aeroporto dove è stata scaricata la merce (El Ma’an e lo scalo di Johar) e il materiale consegnato al Governo Federale di Transizione: 18 camion, «un certo numero di casse lunghe, larghe e sigillate tenute sotto stretta sicurezza», tende e altre casse «con scritte in italiano che attribuivano il contenuto all’esercito italiano». Secondo il gruppo di monitoraggio dell’Onu, appena arrivati alcuni camion sono stati utilizzati per il trasporto dei miliziani e in particolare tre di essi equipaggiati con un cannoncino antiaereo. Ai chiarimenti richiesti degli investigatori il nostro governo ha risposta con una lettera nella quale si nega qualunque spedizione di camion al porto di El Ma’an. La comparsa dei veicoli in Somalia «si può spiegare con il possibile acquisto del materiale italiano sul mercato, dove esiste equipaggiamento dismesso dalle nostre forze armate». Effettivamente è risultato che un uomo d’affari di Dubai ha comprato quei camion a Bari e li ha spediti in Somalia, violando, lui sì, l’embargo. Per quel che riguarda invece le casse scaricate a Johar, si tratta di voli organizzati dalla Cooperazione Italiana, in partenza dalla Base delle Nazioni Unite a Brindisi «con carichi umanitari (generatori, tende multi uso, utensili da cucina, contenitori per l’acqua e prefabbricati) procurati in accordo con l’Onu». La circostanza è stata confermata dalle fonti del Corriere all’interno della base di Brindisi. In Somalia avrebbero trovato rifugio alcuni terroristi di Al Qaeda il cui elenco, secondo la rivista specializzata Africa Confidential, sarebbe stata consegnata dagli uomini della Cia ai capifazione dell’Alleanza perché si occupino della loro cattura. In questo quadro si inserisce il tentativo del Pentagono di servirsi dei signori della guerra per combattere e distruggere le corti islamiche di Mogadiscio che, secondo Washington, proteggono i terroristi. Le corti, inoltre, riceverebbero finanziamenti dal network di Osama Bin Laden e dai sauditi. Ma pare che le cose per gli alleati di Washington stiano andando assai male. Giovedì è scoppiata una violentissima battaglia che durava ancora ieri. I fondamentalisti hanno conquistato il nodo centrale del Quarto Chilometro, una piazza da cui si diramano le strade che portano al porto e all’aeroporto internazionale (chiuso dal 1995), e lo storico hotel Sahafi. «I morti sono almeno 200 – ha raccontato al telefono il dottor Jia, che opera in continuazione all’ospedale Medina -. I feriti quasi 400. Non abbiamo sangue per le trasfusioni, non abbiamo bende, garze, medicina. Imponete almeno una tregua e mandate un aiuto sanitario urgente». La gente terrorizzata è in fuga. I contendenti tirano cannonate e colpi di mortai ormai a casaccio. E ovviamente vengono colpiti i civili, che più di tutti sono vittime della violenza. Ieri Abdi Nur Said (detto «Waal», il pazzo), uno dei comandanti delle milizie antifondamentaliste, contattato al telefono dal Corriere, mentre «nella cornetta» esplodevano colpi di cannone, ha lanciato un appello al telefono: «Se il mondo non interviene la Somalia diventerà un nuovo Afghanistan dei talebani. Vogliono islamizzare tutto; trasformare il Paese in un campo di terroristi». La situazione politica è assai confusa. Alcuni dei signori della guerra che combattono i fondamentalisti, sono anche ministri del Governo Federale di Transizione, che ha condannato i combattimenti in corso. Ieri il premier Ali Ghedi ha intimato ai ministri al fronte di deporre le armi e tornare a sedersi sui banchi della politica. In realtà anche la componente islamica è assai variegata e i moderati sarebbero pronti a dialogare con il governo, anche se per ora la leadership è in mano ai più radicali. La confusione dunque regna sovrana. Per ora una sola cosa è chiara: i fondamentalisti sono a un passo dal conquistare tutta la capitale. Perché mai dovrebbero fermarsi?

Approfondimenti:

P.S.: In merito alla discussione che si era aperta nel post "Verità Gemelle", ho cercato di fornire una risposta ai dubbi sollevati quanto più possibile esauriente.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Nicolò.
OT
Ti conviene riportare interamente come commento al post la risposta alle verità gemelle altrimenti non si riescono a vedere i link senza registrarsi.. e il tutto diventa confuso.
;)

Nicolò ha detto...

Grazie Beppe, non me ne ero accorto!

Nicolò ha detto...

Modificato, dovrebbe essere leggibile.

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