13 gennaio 2007

Il gene del destino

Recentemente il dramma di una famiglia statunitense si è trasformato in caso mediatico. Mi riferisco ad Ashely, una bimba di 9 anni a cui è stato bloccato completamente lo sviluppo fisico, oltre ad essere ferma ad un'età cerebrale di 3 mesi, per evitarle future sofferenze. La bimba pesa 34 chili ed è alta un metro e 30 centimetri ed è dal 2004 che è sottoposta a questo genere di operazioni. Ovviamente ne è scaturito subito un caso mediatico, inentrato su temi di etica e di morale. La mia scelta è controcorrente, non è mia intenzione valutare se i genitori hanno intrapreso la strada migliore per la propria figlia. Anche perchè rispetto all'Europa, Gli Stati Uniti hanno intrapreso la linea della bioetica procedurale. Questo vuol dire che non si interessano di ciò che è giusto o sbagliato, ma individuano chi può prendere la decisione, come nel caso di Terry Schiavo. Quindi il biodiritto americano è un diritto dove l'aspetto sociale è venuto meno lasciando spazio solo alla questione individuale. I genitori, che sono i tutori della bambina, sono stati autorizzati a scegliere per il cosiddetto "suo bene", che non è un bene obiettivo. Inoltre questo caso è davvero sorprendente e non ha ancora la dignità dell'atto medico riconosciuto. Non è tanto utile quindi soffermarsi sulle motivazioni della famiglia, non sono utili a chiarire quanto la scelta dei genitori sia stata libera e incondizionata. É invece più interessante concentrarsi sul CV di coloro che con le loro pubblicazioni, on-line e non, sostenevano in toto la famiglia. Tra questi spicca un certo George Dvorsky. Questo signore è il fondatore della Toronto Transhumanist Association (TTA) (a nonprofit membership organization which works to promote discussion of the possibilities for radical improvement of human capacities using genetic, cybernetic and nano technologies). Il tema del transumanesimo era già stato affrontato qui un mese e mezzo fa, a seguito di una puntata di "C'era una volta" [*articolo sul blog]. Penso quindi che sia condivisibile avere dei timori nei confronti di uno staff che abbraccia una classe di filosofie che cercano di guidarci verso una condizione postumana, che ricorda molto la realtà ipotizzata da Andrew Niccol nel suo film "Gattaca - La porta dell'universo". Allo stesso modo non è poi così infondato sospettare che un individuo in certe condizioni fisiche possa essere un'ottima cavia, e mi scuso per la cruda definizione, ma è il termine che meglio calza, per ottenere dei risultati in questo senso. Dalla mia analisi delle occupazioni dell'entourage che segue la piccola nasce quindi la sensazione che questi genitori statunitensi abbiamo preso troppo alla lettera la visione catastrofica prospettata da alcuni medici, molti dei quali, mi permetto, forse erano più interessati alla "sperimentazione" che al benessere del paziente.

"Non c'è un gene per il destino", citazione tratta da 'Gattaca - La porta dell'universo'

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