1 febbraio 2007

Il controllo della piazza

Mario Placanica, l'ex Carabiniere indagato e poi prosciolto per la morte di Carlo Giuliani durante gli scontri del G8 di Genova, ha sporto denuncia contro ignoti in quanto ieri sera a Catanzaro il conducente di un fuoristrada ha tentato d'investirlo. Si tratta del secondo incidente, dopo quello avvenuto il 4 agosto 2003, che vede coinvolto l'ex carabiniere. Più che una semplice coincidenza, forse l'atto finale di un piano preordinato che prevedeva che venisse mandato un segnale forte e univoco verso le piazze. La gestione della manifestazione, finalizzata a mandare un forte messaggio a chiunque si opponga ad un ordine precostutuito, necessita però dell'eliminazione dell'ultimo testimone scomodo. Bisogna partire dalle stanze dei bottoni, per rendersi conto di quanto la risposta ai pacifisti sia stato un orribile compromesso tra un'esibizione di muscoli per salutare il nuovo quinquennio berlusconiano dal basso e il frutto dell'ascesa al potere di forze di destra che si ispirano al piano di rinascita democratica. Collegando questi avvenimenti con le scelte di politica interna del quinquennio berlusconiano ne esce un quadro riassumibile in una frase di Gianfranco Miglio, ideologo della lega: "i giornali si comprano, la magistratura si riforma, resta solo il problema di controllare la piazza...". Gianfranco Fini era stato nominato superprefetto su piazza (scelta che sconcertò persino il deputato di AN, Fisichella), e la nomina da parte dell'ex vicepresidente del consiglio di collaboratori come Filippo Ascietto (uno che dovrebbe marcire in galera secondo il decreto Mastella sull'Olocausto) e Giorgio Bornacin, marcantonio tuttora alfiere della vecchia fiamma. É anche utile constatare come dopo le elezioni di maggio 2001, tutti gli apparati predisposti al controllo (come la modernissima sala operativa dei vigili, inaugurata nel palazzo del Matitone e che peremetteva di controllare agilmente tutta la zona rossa) sono stati ignorati, bypassati, a cominciare dal questore Francesco Colucci, surrogato dal vicecapo della polizia Ansoino Andreasi. I risultati si sono visti su scala cittadina, e non solo episodica (si veda Giuliani), infatti le colonne motorizzate si perdevano nella difficile viabilità urbana. L'episodio di Giuliani è infatti il frutto di questa assenza (dal mio punto di vista volontaria) di preparazione alla manifestazione. L'omicidio del giovane è avvenuto infatti dopo che una colonna motorizzata dei Cc (allarmata dall'imperversare dei black bloc) che si muoveva in direzione del carcere di Marassi si è imbattuta, non conoscendo le strade, nel corteo di manifestanti.

Se però si è riscontrata un'impreparazione dal punto di vista logistico, gli addestramenti delle Forze dell'Ordine all'azione sono state pianificate con la massima attenzione. Le cinque compagnie dell'Arma, schierate per l'occasione, erano comandate da altrettanti ufficiali dei parà del Tuscania, provenienti da spedizioni all'estero: Somalia-Kosovo-Libano. Insomma ufficiali più propensi all'azione che alla contrattazione o al presidio. Inoltre, il personale che era destinato a mantenere l'ordine, era stato plasmato per tempo vicino a Roma, a Ponte Galeria, sotto la guida di un corpo docente piuttosto inconsueto, istruttori statunitensi compresi. Spiccano fra questi Vincenzo Canterini e il suo predecessore Valerio Donnini, autori di diversi manuali finalizzati ad insegnare l'avanzata a passo cadenzato (ritmando con colpi di manganello sullo scudo) e altre dubbie tattiche di dissuasione incentrate sullo scontro fisico. Tutto ciò con il benestare politico dell'allora ministro degli Interni, Claudio Scajola. Allo stesso modo il Ministro della Giustizia di allora, Castelli, ha potuto assistere alla scellerata gestione del carcere di Bolzaneto, con tanto di tacito assenso ai trattamenti di favore che sono stati riservati a giornalisti come Mark Cowel, John Elliott e Lorenzo Guadagnucci (tutti documentati anche dalle dichiarazioni di diversi infermieri fra cui Marco Poggi).

Come per Antonio Bugio, il poliziotto che ha ammesso di aver falsificato le due molotov portate sul banco degli imputati contro i manifestanti della Diaz, costretto a lasciare la polizia, Placanica rischia di essere il secondo potenziale Giuda che potrebbe rivelarsi nocivo per l'omertà interna che ha caratterizzato l'intera gestione della manifestazione. É meglio quindi chiudergli la bocca, subito.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Può succedere quando c'è una destra al governo e una sinistra in piazza... ma forse non è stata la contrapposizione della dicotomia politica, si sono scontrati due tipi differenti di poteri. Uno di tipo oligarchico e uno democratico... non è la prima volta.

Anonimo ha detto...

A proposito di Placanica, tanto per parlare di fatti comprovati: il proiettile che ha ucciso Carlo Giuliani era un calibro 22, che gli ha lasciato un buchino sotto l'occhio. La pistola in dotazione a Placanica era quella normalmente usata dai Carabinieri, una calibro 9 parabellum se non sbaglio. Se gli avesse sparato veramente lui, a quella distanza gli avrebbe fatto esplodere tutta la testa.
Nonostante questa evidente prova di innocenza, Placanica è stato comunque processato e poi espulso dall'arma dando, o cercando di dare, all'opinione pubblica la convinzione che fosse comunque colpevole.

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