6 marzo 2007

Liti "seriali"

É diventato un cult televisivo, forse qualcosa di più: una lite seriale. Cecchi Paone e Sgarbi che si confrontano su un tema molto serio come quello delle unioni civili. Inutile è prendere le parti, come si capirà più avanti questo genere di dibattiti sono la morte del giornalismo. Al contrario valutare mediaticamente questi duelli farseschi è produttivo, soprattutto se vengono utilizzati come cartina al tornasole dei programmi che dovrebbero essere di approfondimento. La lite Sgarbi-Paone non differisce infatti dagli scontri tra politici che vediamo nei vari Porta a Porta o Ballarò, ed hanno come minimo comune denominatore il risultato: i pareri favorevoli e contrari si elidono a vicenda, trattando i fatti come un derby tra Milan e Inter. Questo genere di dibattiti si chiama "infotainment" (ovviamente l'info ridotta al lumicino e l'entertainment svolto su modelli da reality show). Il giornalista intervistatore si limita a fare il reggimicrofono della situazione, con le solite domande fiacche e rituali (sentite e risentite) ovviamente già concordate con gli ospiti (ormai nessuno va più in uno studio senza sapere da chi e cosa gli verrà chiesto). Il giornalista si limita a fare la prima domanda, dando il là alla discussione, limitandosi poi ad assentire alle varie risposte (si ricordi sempre che è la seconda la domanda fondamentale, quella che inchioda l'intervistato, che coglie le contraddizioni del suo discorso). Meccanismo che convince il telespettatore che l'unico modo per approfondire un argomento sia quello di invitare in studio due politici o opinionisti di destra e sinistra (o in questo caso favorevoli o contro qualcosa). In sostanza la brutta copia di un Jay Leno o David Letterman show. In America però hanno anche gli Olbermann, giornalisti che si documentano e senza la necessità di interpellare il politico di turno ricostruiscono una dinamica verosimile dei fatti, basata sui fatti e non sulle opinioni. Il trasformista (Sgarbi) e l'intellettuale che lavora con Eva Henger davano i numeri, accusandosi a vicenda su dati diversi ma sullo stesso argomento, il telespettatore fissava il tubo catodico aspettando che qualcuno lo informasse sui fatti. Come ad esempio la possibilità per gli onorevoli di lasciare al proprio partner la pensione di reversibilità, anche se tra di loro non sussiste alcun legame matrimoniale, una sorta di dico per privilegiati. Ma quel momento non arriva mai, e mai arriverà in quelle trasmissioni, e dopo un paio d'ore di cagnara tutto finito, buonanotte e arrivederci a domani. Con il telespettatore che più pirla di prima ha ottenuto l'unico risultato di essere ancora più confuso... e che sceglierà in base al proprio orientamento politico o all'affabilità dell'uno e dell'altro. Oppure, scoperto il gioco, terrà la scatola spenta.

"Il nuovo regime ha i suoi spazi in tv, nel salotto di Vespa, dove il confronto è attutito, i dibattiti volutamente svuotati di senso e simulati fra sostenitori di una stessa tesi.[...] se un regime è una bolla-spazio temporale, un sistema chiuso, la sua metafora televisiva è il reality show claustrofobico di oggi, la casa del Grande Fratello, il distacco dalla realtà, il dialogo incessante sul nulla, l'attenzione spasmodica puntata sulla psicologia dei personaggi, sull'introspezione anzichè sull'analisi politica. In questa tv commerciale di regime, la diretta non è più un mezzo di comunicazione con l'esterno, ma la camera fissa verso l'interno. Il suo uso da politico, diventa privato. Anzichè una finestra sul mondo diventa il buco della serratura sul quotidiano" - Carlo Freccero, tratta da MicroMega n.5 del 2004

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