8 settembre 2008

Il Leviatano ha fallito. Ancora.

Ne avevamo già parlato a metà luglio, ma quanto pare da questa parte dell'oceano se ne sono accorti solo oggi. La mano del Leviatano ha salvato da un collasso certo Fannie Mae e Freddie Mac, i due mega-istituti che detengono il controllo della maggior parte dei mutui immobiliari Usa. Come preventivato si tratta di un'operazione da 5.200 miliardi di dollari (cifra a cui ammontano i mutui erogati dai colossi del credito); il Tesoro di Washington si è accollato completamente i rischi di insolvenza che stavano portano alla bancarotta Fannie e Freddie. Un'operazione che per le sue dimensioni non ha precedenti storici, nemmeno durante la Grande Depressione. L'importanza di questa manovra statale necessita un'ulteriore chiara spiegazione, anche alla luce delle balzane interpretazioni, che puntano il dito contro il libero mercato, che circolano per la rete e a cui fa eco l'ultraliberista Tremonti (“Il fallimento e il conseguente salvataggio del governo americano nei confronti delle due agenzie semigovernative Fannie Mae e Freddie Mac ”e’ la prova che il mercato da solo tante volte non sa badare a se stesso”). Innanzitutto Fannie e Freddie sono due agenzie governative o Gse (Governament sponsor enterprise), che dir si voglia, nonostante siano quotate sul mercato dal 1968. Si potrebbe affermare che dagli anni '70, seguendo una formula ben nota a noi italiani, abbiano iniziato a privatizzare gli utili e socializzare i debiti. Brevemente i due colossi prestano soldi alle banche che erogano prestiti per l'acquisto di una casa e una volta comprati i mutui di terzi li impacchettano in obligazioni che cedono sul mercato. La garanzia statale ha permesso loro di raccogliere danaro a tassi molto vantaggiosi e dunque alimentare la bolla speculativa. La storia è in sostanza sempre la stessa: in fase di crescita economica, i portafogli dei vertici aziendali ingrossano sempre più a suon di stock option, per poi scaricare sulla collettività il peso dei disastri provocati da collassi prevedibili. Lo stesso Greenspan in diverse audizioni al Senato ribadì più volte che le due agenzie lavoravano molto al di sopra delle proprie capacità. Il loro fallimento non è un fallimento del libero mercato, ma del regolatore statale, che già negli anni '70 pensò di cavarsela quotandole sul mercato. Oggi il Tesoro cerca di fare lo stesso, facendo pesare il debito sulle spalle dei contribuenti e obbligando privati e banche a comprare obbligazioni di Fannie e Freddie. Oltre al danno si aggiunge la beffa: i mutuatari che non saranno in grado di servire il loro debito perderanno la casa in quanto l'operazione è finalizzata esclusivamente a salvare dal fallimento le due agenzie (e la banca centrale cinese, creditrice per almeno 350 miliardi di dollari), ricostruendone il "capitale" svanito attraverso i soldi delle tasse e la stampa di denaro dal nulla. Una pratica piuttosto comune negli States durante le ultime decadi, come riporta l'Herald Tribune:
Despite decades of free-market rhetoric from Republican and Democratic lawmakers, Washington has a long history of providing financial help to the private sector when the economic or political risk of a corporate collapse appeared too high. The effort to save Fannie Mae and Freddie Mac is only the latest in a series of financial maneuvers by the government that stretch back to the rescue of the military contractor Lockheed Aircraft and the Penn Central Railroad under President Richard Nixon, the shoring up of Chrysler in the waning days of the Carter administration and the salvage of the U.S. savings and loan system in the late 1980s.

More recently, after airplanes were grounded because of the terrorist attacks of Sept. 11, 2001, Congress approved $15 billion in subsidies and loan guarantees to the faltering airlines. Now, with the U.S. government preparing to save Fannie and Freddie only six months after the Federal Reserve Board orchestrated the rescue of Bear Stearns, it appears that the mortgage crisis has forced the government to once again shove ideology aside and get into the bailout business. “If anybody thought we had a pure free-market financial system, they should think again,” said Robert Bruner, dean of the Darden School of Business at the University of Virginia.
E se il contribuente americano risulta essere il più indebitato della Terra (la guerra in Iraq ad oggi costa quasi 5.000 dollari a testa), tanto vale tacere sui veri costi di questa operazione, soprattutto in tempo di elezioni. Anche perchè tutti, compreso Barack noipossiamocambiare Obama sono d'accordo.

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