9 aprile 2008

L'importante è partecipare

Programmi fotocopia, le promesse che sfruttano la disperazione dei ceti bassi, l’aria da inciucio post-elettorale, le liste chiuse senza possibilità di esprimere preferenza, e più in generale un senso di frustrazione, d’impotenza nato anche dal recente fallimento di un governo che a parole s'era preso l'onere di salvare un paese ormai con due piedi nella fossa. Insomma, a chi come me ideologicamente sceglie di non partecipare a questa farsa, si profila la possibilità che si aggiunga un cospicuo numero di astensionisti (nel 2006 il non voto toccò quota 9 milioni). Persone che non possiamo biasimare, dopotutto ci si trova costantemente a motivare la propria scelta definendo il proprio eletto "il meno peggio", tanto per rimarcare che la scelta è dettata da una cernita fatta sulle caratteristiche negative del candidato: chi ne ha meno si guadagna il voto. Ragionamento che peraltro sarebbe sufficiente a svilire di qualsiasi significato il termine rappresentativa che è solito seguire il sostantivo democrazia. L'individuo è quindi chiamato a una non scelta, considerato anche il fatto che con questa legge elettorale gli eletti sono già stati scelti dai partiti, per giunta senza uno straccio di primarie. Nonostante un paese ormai economicamente morto, nonostante la sfiducia assoluta nei confronti di un'intera (e piuttosto nutrita) classe politica, prima ancora del 14 aprile, il carro dei vincitori è già pieno, e a montarci su sono ovviamente le persone che teoricamente dovrebbero rappresentarci, che indipendentemente dall'esito del voto e contrariamente agli "appecorinati" italiani, hanno già vinto:
[*Sole24ore] Alle politiche 2006 i partiti hanno speso un quinto dei rimborsi statali incassati: 117,3 milioni contro 498,5 milioni. Che i contributi pubblici per le spese elettorali andassero ben oltre i costi delle campagne per il voto era nell'aria. Ora a certificarlo è la relazione della Corte dei conti appena depositata a Montecitorio. [...] In totale alle segreterie sono fluiti oltre 381 milioni di euro. Un dato che fa gridare allo scandalo i Radicali, tradizionali oppositori del finanziamento pubblico dei partiti, a partire dal referendum abrogativo del '93. «La media annuale dei fondi pubblici ai partiti – ha calcolato Maurizio Turco, candidato nelle liste Pd nella quota dei Radicali – è aumentata del 600% rispetto al '93, ultimo anno di finanziamento pubblico». [...]
Insomma, rappresentarci risulta di gran lunga più conveniente che investire in borsa. Un ritorno sicuro, quintuplicato rispetto all'investimenti iniziale. Ma la beffa non è ancora finita. Chi si astiene come me e che fino a 5 minuti fa credeva di non partecipare almeno a questo gioco masochista, dovrà ricredersi, almeno per quel che riguarda l'aspetto economico:
[*Pmli] [...] nella formazione del fondo per il finanziamento vengono conteggiati anche gli astensionisti, cioè tutti quelle elettrici ed elettori, oltre 10,5 milioni alla Camera e 9,641 milioni al Senato, che non andando a votare, annullando la scheda o lasciandola in bianco hanno espresso un forte e netto dissenso proprio nei confronti di tutti i partiti parlamentari che compongono le due coalizioni borghesi capeggiate dal democristiano Prodi e dal neoduce Berlusconi. Infatti il fondo viene calcolato sulla base di 5 euro per ciascun iscritto nelle liste elettorali della Camera e del Senato. Gli elettori della Camera sono 47.160.244 e quelli del Senato 43.062.020: moltiplicando dunque per cinque le due cifre si ha il complesso dei rimborsi elettorali dei due rami del parlamento: 235.801.220 per Montecitorio e 215.310.100 per Palazzo Madama. Ma non è tutto. Perché quest'anno c'è la novità degli italiani all'estero, che sono 2.623.382. La legge non ne parla esplicitamente, ma una interpretazione estensiva delle norme in essa contenute potrebbe aggiungere altri 13.116.919 euro di finanziamento ai 450 milioni già stanziati.
Valanghe di soldi ottenute nel 2006, che si sommeranno a quelle post-14 aprile, che costituiscono l'emblematica dimostrazione di quanto l'attuale situazione economica delle famiglia italiane [*1 - *2] non interessi minimamente a lorsignori, compresa la compagnia danzante che accompagnerà Veltroni, che nell'ultima legislatura con il Decreto Bersani ha previsto anche l'aumento dei rimborsi elettorali [*4]. Giganti e nanetti (compresi i farlocchi Grilli Parlanti) che partecipano a un patetico teatrino in cui fingono di stracciarsi le vesti per battere cassa con il nostro voto. Si capisce anche il motivo per cui si presentano così tanti partiti che urlano alla monopolizzazione degli spazi nel caso in cui PD o PdL dovessero ottenere una vittoria schiacchiante. Raggiungere l' 1% dei voti vuol dire guadagnare 2,2 milioni di euro a Montecitorio e 2 milioni nell'altro ramo del palamento. Non gli basta il 70% del nostro stipendio, ogni occasione è buona per fottere e intascare soldi. Ma non avevamo votato un referendum per l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti [*5]? Anche quando un'opinione è espressa tramite consultazione diretta, ovvero referendum, viene prevaricata. Il parere degli elettori diventa, ancora una volta, un suppellettile.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

steady rescue redefine seemingly constrained loose buyers diction taking punchy pertaining
masimundus semikonecolori

Posta un commento